Cinesi a Torino:è nata una comunità cattolica

Torino – Sono 7128 i cinesi residenti a fine 2013 nella città di Torino, sparsi in 10 circoscrizioni ma in prevalenza in quelle 7 e 6. Come per la maggior parte delle comunità immigrate, si tratta di giovani: meno del 10% ha più di 45 anni, oltre il 20% ne ha meno di 18, il 70% è in età di lavoro (18-45). Il quadro che emerge è stabile da almeno 5 anni, e porta al superamento della lettura tradizionale di “comunità separata”. Oggi la loro attività è passata dalla ristorazione etnica come marchio quasi esclusivo a una ristorazione aperta al territorio e altamente concorrenziale. Accanto a questa attività commerciale, però, ci sono ampi settori di attività soprattutto autonoma. Sono attività del settore tessile e alimentare, queste ultime connotate anche dalla vendita di prodotti non solo tipici ma anche italiani, importati o prodotti nelle cascine del torinese. Esiste ad esempio una esperienza di coltivazione di verdure a Carmagnola dove una famiglia cinese produce per i mercati generali di Torino e Milano ma è anche presente con un banco tra i contadini di Porta Palazzo con produzioni italiane e tipiche cinesi. In Piemonte la presenza è significativa anche in altre città come Bagnolo e Barge (Cuneo), dove i Cinesi rappresentano il 25% degli alunni nelle scuole dell’obbligo e sono centinaia le piccole aziende che lavorano la pietra e che hanno ormai sostituito le aziende italiane preesistenti. E’ un’attività molto sviluppata in Cina, e ora la loro maestria è sbarcata anche a Torino. Molte piazze e tracciati tranviari sono stati sistemati “ad arte” proprio da operai cinesi.

 
Il polo tessile di Torino è costituito da alcune decine di laboratori artigianali, sempre attivi, che producono in collegamento con Prato e Milano, con orari decisamente lunghi (anche 18 ore al giorno). Molti cinesi lavorano per oltre 50 ore la settimana e se lo richiede la produzione, anche di più. La seconda generazione è totalmente inserita: i ragazzi frequentano la scuola dell’obbligo, molti continuano gli studi e, come spesso accade, si sentono prima italiani e poi cinesi. Il nodo della lingua, che creava isolamento, è oggi addirittura rovesciato: molti ragazzi parlano ma non scrivono più cinese e quando rientrano in Cina per le vacanze hanno difficoltà di comunicare con gli anziani. L’esperienza pluriennale dell’ASAI (Associazione di Animazione Interculturale) nei corsi di appoggio agli studenti vede significativamente l’esistenza sia di corsi di cinese per ragazzi che di italiano per i genitori. Questo significa una presenza forte nei centri estivi, negli oratori, nelle attività sul territorio. Sono nate associazioni cinesi per l’accompagnamento all’integrazione dei lavoratori con servizi per le aziende artigianali e commerciali, ma anche italo-cinesi per l’accompagnamento ai servizi sociali, culturali e sanitari. Dunque si tratta di una comunità molto giovane (sui 30 anni in media), con forte volontà di integrazione e capacità imprenditoriali e artigianali. Oggi si possono trovare operatori e mediatori a vari sportelli cittadini (CAF, Tribunale…) e anche l’università vede una forte presenza di cinesi. Sono alcune centinaia infatti gli studenti di ingegneria al Politecnico di Torino, che in parte ritornano a casa per diventare i tecnici della nuova Cina. In questo quadro i cattolici credenti e praticanti sono poche decine; è essenziale però, al di là del numero, fare a tutti una proposta evangelica, partendo dalla lingua e dalla cultura d’origine, portatrice di valori quali la solidarietà, il rispetto verso gli anziani, l’importanza della famiglia, che possono essere di stimolo alle famiglie italiane, così come lo è diventata la loro presenza nel tessuto sociale della città.