Mons. Montenegro: un anno con Papa Francesco

Agrigento – “La visita di Papa Francesco alla nostra Chiesa è paragonabile alla chiave nel pentagramma: detta l’esecuzione della partitura. Ritengo, fuor di metafora, che a Lampedusa il Vescovo di Roma ci abbia indicato le coordinate del suo ministero petrino; ha fornito alla Chiesa universale e alla nostra Chiesa particolare, la rotta per il cammino da compiere nella storia degli uomini. La meta di certo è sempre lo Sposo, Cristo Signore, ma visto attraverso il suo sacramento, il povero, a cui si deve guardare senza storcere il volto, senza oltrepassarLo”. Lo afferma l’arcivescovo di Agrigento e Presidente della Fondazione Migrantes, mons. Francesco Montenegro in una intervista alo settimanale “L’Amico del Popolo”. Per il presule a Lampedusa Papa Francesco ha “voluto incontrare la carne di Cristo, ha colto il suo gemito di dolore, ha pianto con chi è nel pianto, ha ringraziato i nuovi samaritani e cirenei della storia”. Mons. Montenegro ricorda lo spostamento che in motovedetta da Cala Pisana ci avrebbe condotto al molo Favarolo: papa Francesco nella breve navigazione era immerso in una sorta di silenzio mistico, credo che con il suo spirito fosse andato oltre, altrove, era nel santuario della sofferenza e immagino che stesse abbracciando i volti degli annegati, asciugando lacrime dei loro parenti, consolando i sopravvissuti. Con l’atteggiamento appena descritto l’ho visto lanciare quella corona di fiori in mare, un bouquet di tenerezza più che gerbere bianche e gialle”. Papa Francesco vuole “una Chiesa più coerente con il Vangelo. Una Chiesa – spiega – che sappia di famiglia e di popolo”. Questo significa “mettere al centro il povero così come faceva Gesù che non esitava a guarirlo di sabato o a farlo porre, poiché paralitico, al centro della casa e della scena. Significa far diventare le ‘periferie esistenziali’ centro e ripartire da questo centro verso le periferie”. Questo si può fare “con i gesti della tenerezza, della misericordia, del perdono. Con l’attenzione verso chi è scartato e non conta nulla nella società degli sprechi e dei vuoti a perdere. Cosa suscita chi è debole se non tutto ciò? Cosa chiede un bambino, un’anziana, un uomo o una donna gravemente malata?”, si chiede il presule: “tenerezza, per l’appunto, della quale non bisogna aver paura. In giro si scorge tanta disperazione; è stato detto che il mondo appartiene a chi gli offre la speranza più grande, Papa Francesco semina speranza, invita a stare in guardia e a non farcela scippare, e poi condisce tutto di gioia pasquale, quella che viene dal Vangelo. In una parola, credo che il segreto di Papa Francesco risieda nella capacità di ‘contagiare’ Dio; di ungere un mondo triste, abbrutito dagli odi, dalle violenze di divina bellezza”.