P. La Manna: Papa Francesco e la forza dell’incontro

Roma – La seconda tappa di un viaggio iniziato a Lampedusa, Papa Francesco l’ha fatta al Centro Astalli, incontrando i rifugiati nei locali della mensa, lo scorso 10 settembre. È arrivato durante l’orario in cui tutti i giorni una fila di oltre 400 migranti forzati aspetta di poter consumare un pasto. È stato un incontro toccante e intenso. Il Pontefice ha salutato con affetto e semplicità le persone venute per mangiare. Poi è entrato a salutare un gruppo di rifugiati e si è intrattenuto con loro. Si è informato sulle loro vite. Ha dedicato a ciascuno un momento individuale. Dopo l’incontro con i rifugiati il Santo Padre si è fermato a pregare nella Cappellina del Centro Astalli, dirigendosi, poi, nella Chiesa del Gesù, dove lo attendevano 350 rifugiati e 300 volontari dei centri di accoglienza e dei servizi che il Centro Astalli gestisce a Roma. Tanti i significati che si possono leggere in questa visita. Per chi l’ha vissuta in prima persona, sopra ogni cosa, c’è la forza dell’incontro. La testimonianza di Papa Francesco ci ha ricordato l’importanza di essere disponibili all’incontro con quanti nella loro vita hanno già pagato un prezzo altissimo. Persone costrette a lasciare tutto e ad affrontare una fuga che troppe volte li espone alla morte. Tutti dovremmo sentire sulla nostra coscienza il peso di queste morti; ci aiuterebbe a vivere con gli occhi aperti e le coscienze sveglie. Papa Francesco ha ridato a uomini e donne provati nel corpo e nello spirito la dignità perduta. Li ha messi al centro del mondo. Per un pomeriggio la mensa dei rifugiati, un posto semplice, povero per i poveri, è diventato un luogo a cui tutti hanno guardato, in cui tutti volevano essere. Papa Francesco ci ha mostrato, ancora una volta, quanto ci sia di straordinario nella semplicità dei gesti; stringere una mano, abbracciare, bere un mate seduto in cerchio con i rifugiati. Ascoltare, parlare, accogliere il dolore facendosene carico, centinaia di lettere raccolte, con disponibilità e generosità. Si è dato senza barriere a chi dalla vita ha avuto solo il peggio. Ci ha colpito con la potenza delle sue parole, perché semplicità non vuol dire debolezza. Ha parlato di accoglienza, di dignità, ha invocato giustizia e solidarietà. Nella Chiesa del Gesù, davanti a 350 rifugiati e 300 volontari hai omaggiato la tomba di Padre Pedro Arrupe, che volle istituire con tutte le sue forze il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. Ha pronunciato parole importanti, pietre, per le coscienze di ciascuno. Un discorso intenso, in cui ha voluto riprendere e spiegare la missione del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati: “accompagnare, servire, difendere”. Quelle tre parole le hai spiegate, le hai rese attuali e vive con la forza e la concretezza che caratterizza il suo modo di parlare. Ha concluso con un monito alla Chiesa: “Apriamo le nostre porte ai rifugiati. Fuggiamo la mondanità e la ricchezza, accogliamo la carne di Cristo che sono i rifugiati”. (P. Giovanni La Manna – Presidente Centro Astalli)