USA: il dramma delle espulsioni

Los Angeles – Alcune organizzazioni di immigrati negli Stati Uniti si sono radunate a Los Angeles venerdì scorso per chiedere la sospensione delle espulsioni di quanti sono considerati clandestini. Le espulsioni di immigrati illegali dagli Stati Uniti durante l’amministrazione Obama – riferiscono agenzie di stampa e altri mezzi di informazione – si avviano a toccare quota due milioni. Un record, conseguenza dell’applicazione delle leggi vigenti, assai più rigida rispetto al passato. Le associazioni protestano perché il presidente statunitense si era impegnato a far approvare in tempi rapidi la riforma del sistema migratorio (ancora in sospeso al Congresso) e ad autorizzare le espulsioni di clandestini solo nel caso si fossero resi responsabili di crimini (ma solo il 14 per cento dei quasi cinquecentomila espulsi nel 2012 rientrerebbe in questa categoria). Francisco Moreno, direttore del Consiglio delle federazioni messicane del Nord America, una delle organizzazioni incontratesi a Los Angeles, nel confermare queste cifre all’agenzia Efe ha sottolineato che “si sta allontanando gente innocente, lavoratori, madri di famiglia, bambini e giovani. Dobbiamo impedire con ogni mezzo queste deportazioni”. La campagna cerca l’ appoggio dei cattolici. Venerdì alcuni bambini ispanici, all’ interno della cattedrale, hanno letto e distribuito delle lettere nelle quali chiedono al Papa il suo intervento a favore delle famiglie costrette a separarsi a causa delle espulsioni. “Non voglio che rimandino in Messico il mio papà, ho paura di restare con i miei fratelli e di non avere da mangiare”, ha scritto il piccolo Mario. “Tale azione – spiega Moreno – vuole richiamare l’ attenzione della Chiesa cattolica, specificatamente del Santo Padre, affinché in qualche modo ci aiuti, con la sua voce potente a livello mondiale, a risolvere questo problema”. L’arcivescovo di Los Angeles, José Horacio Gómez, ha commentato: “In nome dell’ applicazione delle leggi stiamo distruggendo le famiglie, punendo i figli per gli errori dei propri genitori. Questa è la triste verità: un espulso su quattro si separa dalla sua famiglia”. Monsignor Gómez – intervenuto a una conferenza sull’ immigrazione tenuta al Rotary Club di Los Angeles e organizzata per la Settimana nazionale della migrazione svoltasi dal 5 all’11 gennaio – chiede al riguardo una revisione della politica negli Stati Uniti e un approccio più umano verso gli immigrati: Sono sempre, anzitutto, esseri umani”. L’ obiettivo principale, riferisce una nota inviata all’ agenzia Fides, è di promuovere maggiore consapevolezza della difficile situazione in cui vivono gli immigrati, specialmente i bambini. “Stiamo parlando di anime, non di numeri, né di statistiche. Stiamo parlando di padri di famiglia che, senza preavviso, non torneranno a casa per cena stasera. Genitori che non possono vedere le loro famiglie per un decennio”, ha detto il presule. Gómez, nato a Monterrey, in Messico, è voce importante nell’impegno per la riforma dell’ immigrazione. Molte volte si è espresso a favore del progetto di legge approvato l’anno scorso dal Senato che prevede la possibilità di avere la cittadinanza per circa undici milioni di stranieri che vivono nel Paese senza documenti. La Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti ha anche ribadito il suo sostegno a un progetto di legge completo. “Proprio perché siamo Chiesa cattolica – ha dichiarato monsignor Gómez – ci interessa il dibattito sull’immigrazione” in quanto riguarda anche il futuro della Chiesa: “I messicani e i latino-americani sono infatti in gran parte fedeli cattolici”. “Ci dimentichiamo delle persone che stanno morendo nel deserto provando a raggiungere i nostri confini – ha dichiarato l’ arcivescovo di Los Angeles – o delle donne e dei bambini vittime dei contrabbandieri e dei trafficanti di esseri umani”. Denunciate, informa Fides, anche le irruzioni degli agenti per effettuare i controlli sull’identità delle persone e altre azioni nella detenzione degli immigrati. “Accettiamo tacitamente una sottoclasse permanente di uomini e donne che vivono nelle periferie della nostra società. Hanno cura dei nostri figli, costruiscono le nostre case e puliscono i nostri uffici, raccolgono il cibo che mangiamo, ma non hanno alcun diritto, alcuna sicurezza”, ha concluso il presule. (Osservatore Romano)