Don Baratto (Migrantes Treviso): nel nordest sono 680mila gli immigrati

Venezia – I residenti stranieri nel Triveneto sarebbero pari a 680.645, distribuiti secondo proporzioni che sostanzialmente rispecchiano la situazione dell’ultimo decennio: 72% in Veneto (pari a 487.030 stranieri residenti), 15% in Friuli Venezia Giulia (102.567), 13% in Trentino Alto Adige (91.046), con una leggera crescita della quota di quest’ultima regione rispetto al Veneto. A rendere noti i dati è don Bruno Baratto, direttore della Migrantes di Treviso, in occasione della conferenza stampa svoltasi ieri a Cavallino-Treporti (Venezia) per fare il punto della situazione sulla realtà dell’immigrazione e degli immigrati nel Nordest. Con la crisi, tuttavia, anche per gli immigrati regolari la disoccupazione è fortemente salita: rispetto alla situazione generale da “piena occupazione” pre-crisi (con un tasso di disoccupazione poco al di sopra del 3%), siamo passati ad una disoccupazione del 6,4% nel 2012, con una perdita di quasi 135.000 posti di lavoro in cinque anni (da giugno 2008 a giugno 2013). Con la conseguente condizione di instabilità e disagio. Non è possibile misurare la “mobilità” degli immigrati residenti, osserva don Baratto; tuttavia più che un “rientro generalizzato”, è possibile registrare una varietà di strategie per fronteggiare questo tempo difficile. Tra queste “strategie”, i rientri temporanei e prolungati di parte della famiglia o le migrazioni “transnazionali”, passando di stato in stato all’interno dell’Ue. Dinamiche cruciali, afferma don Baratto, dalle quali “l’azione pastorale delle Chiese del Triveneto non potrà essere assente”. La stessa pastorale per i gruppi di cattolici di nazionalità straniera, spiega, “dovrà confrontarsi ancor più con la tensione a lei insita tra custodia delle specificità culturali e delle tradizioni religiose di origine e inserimento sempre più attivo di questi cattolici nel tessuto delle Chiese del Triveneto”. Questi gruppi potrebbero infatti essere “cruciali nel risvegliare una società – e una Chiesa, presente in questa società – che sta invecchiando nell’età anagrafica dei suoi membri, ma anche nelle sue prospettive di futuro e di speranza, e che ha profondamente bisogno di chi genera vita, come i migranti: sia mettendo al mondo figli, sia portando in mezzo a noi altri modi di stare al mondo con i quali confrontarci e interagire con intelligenza e creatività”. (SIR)