Città del Vaticano – “Tutelare l’identità etnica, culturale, linguistica e rituale del migrante; guidare verso la giusta integrazione i migranti nella Chiesa e nella cultura locale; incarnare un vero spirito missionario ed evangelizzatore”. Questi sono i tre compiti del cappellano o missionario che lavora con i migranti, secondo il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Li ha ricordati parlando oggi ai sacerdoti responsabili della pastorale per le migrazioni polacche, durante il loro pellegrinaggio a Roma. “Il fenomeno della mobilità umana, attualmente è in costante aumento – ha detto il card. Vegliò – pone alla Chiesa l’esigenza pressante di abbattere i confini, non tanto geografici quanto umani, sociali e culturali. La sollecitudine della Chiesa, e la sua opera missionaria in particolare, la chiamano ad andare incontro alle richieste delle persone. Nella società odierna, in cui la globalizzazione è diventata caratteristica particolare, si pone in rilievo la chiamata della Chiesa all’accoglienza dei migranti come possibilità di comunione”. Riguardo ai compiti dei cappellani che lavorano con i migranti, il card. Vegliò li ha invitati ad evitare sia “la costruzione di un ghetto culturale”, sia “una pura e semplice assimilazione dei migranti nella cultura locale”.