In Sicilia oltre 500 arrivi in 24 ore

Siracusa – Si chiama Nadha la bimba figlia di una coppia di profughi siriani venuta alla luce cinque giorni fa su una carretta del mare approdata ieri a Siracusa. A confermare che la piccola è nata durante la traversata è stata la madre – 19 anni, con al seguito anche il primogenito di tre – che lo ha riferito ai medici dell’ospedale “Umberto I”, dove è stata condotta assieme alla figlioletta. Il parto risalirebbe a sabato scorso, due giorni dopo l’inizio del viaggio, durato quasi una settimana.

Mamma e bimba stanno bene ma i medici dell’ospedale hanno deciso di trattenerle in osservazione per un paio di giorni. Una scelta dettata anche dall’esigenza di sottoporre la piccola a specifiche profilassi, considerato che il cordone ombelicale è stato tagliato sul barcone con mezzi di fortuna. Le condizioni della neonata, che pesa poco più di due chili e mezzo, sono comunque considerate complessivamente soddisfacenti. Insieme a Nadha e alla sua mamma, sul barcone approdato al Porto Grande c’erano altri 189 profughi. Sono stati più di 500 in totale i migranti soccorsi a Siracusa nel corso di 24 ore. Il dato viene fornito dalla Guardia costiera: 150 immigrati erano a bordo di un vecchio peschereccio arenatosi martedì sulla costa di Punta Milocca. Gli ultimi ad arrivare, ieri mattina, 164 siriani, tra i quali una cinquantina di bambini, che erano su un barcone avvistato e abbordato dal peschereccio “Nunzia” a circa 12 miglia da Capo Murro di Porco. Hanno dichiarato di essere in mare da dieci giorni, e molti di loro presentavano sintomi di disidratazione.
Secondo i dati del Gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina attivo da alcuni anni presso la Procura di Siracusa, dal primo luglio a oggi i siriani che sono arrivati sulle coste siracusane sono stati 1.958. Gli arrivi si sono intensificati in questo mese: a luglio, infatti, erano stati 646 mentre nei primi ventotto giorni di agosto sono più che raddoppiati arrivando a 1.312.
Ma la “terra promessa” dei siriani resta comunque la Germania, che ne ha già accolti 4.500. Tra le mete della diaspora ci sono anche l’Inghilterra, la Danimarca e la Svezia, mentre l’Italia e l’Austria fungono da Paesi di transito. Il Brennero, quindi, torna ad essere teatro di un esodo di profughi, come è spesso accaduto nella storia. L’Austria applica però l’accordo di Schengen alla lettera e respinge in Italia i siriani, anche interi nuclei familiari, con donne incinte e bambini. “Nelle ultime settimana – racconta Peter Gantioler, responsabile della polizia tirolese per i controlli Schengen sui treni – stiamo registrando un notevole aumento di siriani che entrano dall’Italia senza documenti”. Visto che non intendono chiedere asilo politico in Austria, i siriani vengono consegnati alle autorità italiane. L’ultimo caso risale a martedì mattina, quando su un treno diretto a Innsbruck i poliziotti austriaci hanno bloccato 25 siriani. Si trattava di 5 nuclei familiari, con 5 uomini e 5 donne (di cui una incinta) e 15 bambini. Alcuni giorni prima, sul versante austriaco dell’autostrada del Brennero sono stati arrestati due passatori e fermati 19 immigrati senza documenti, tra loro dieci siriani. Una volta respinti in Italia, fanno però perdere le loro tracce. “Dei siriani fermati in questi giorni al Brennero finora nessuno ha presentato a Bolzano richiesta d’asilo politico”, conferma Stefano Mamani, capo di gabinetto della Questura di Bolzano. “Nei tre centri di accoglienza profughi gestiti dalla Provincia autonoma, che attualmente ospitano un centinaio di persone, si trova un unico cittadino siriano”, spiega invece Silvia Volpato dell’ufficio provinciale competente. I profughi temono, infatti, di restare bloccati in Italia e di non poter proseguire il viaggio verso nord. “Si tratta – spiega il responsabile della consulenza profughi della Caritas altoatesina Leonhard Voltmer – di gente che scappa da una guerra civile e che ha già alle spalle una lunga odissea, durante la quale molti di loro sono stati respinti anche cinque, sei volte”. Così i siriani bloccati in Austria semplicemente ci riprovano, forse divisi in gruppi più piccoli, sperando che la prossima volta sia quella buona. (Avvenire)