Ancora una tragedia dell’immigrazione

Roma – Ancora tragedie ed emergenza sbarchi nel canale di Sicilia. Ieri, in tre distinte operazioni di soccorso in prossimità delle acque libiche, la Guardia costiera italiana ha portato in salvo circa 400 migranti. In una delle traversate, però, si è consumata l’ennesima tragedia. Alcuni superstiti, tutti somali, apparsi profondamente prostrati e in pessime condizioni di salute, hanno infatti riferito che tre donne sono morte di stenti durante la navigazione, durata cinque giorni, e i loro corpi sarebbero stati abbandonati in mare. Durante il primo intervento, un mercantile ha soccorso 102 persone a bordo di un gommone, localizzato da un elicottero della Marina militare, che ha recuperato tutti gli occupanti, tra cui nove donne, una delle quali incinta. Successivamente, i profughi – tutti in buone condizioni di salute – sono stati trasbordati su una motovedetta della Guardia costiera, che ha raggiunto il porto di Lampedusa. Sempre sull’isola, a breve distanza di tempo, è arrivata un’altra motovedetta della Guardia costiera con a bordo 215 migranti, tratti in salvo da una piccola imbarcazione alla deriva. Questo secondo intervento è stato più complicato, poiché l’imbarcazione stava affondando e imbarcava acqua. Un pattugliatore e due motovedette della Guardia costiera hanno trasbordato i migranti. Un’altra imbarcazione con novanta somali, tra cui quattordici donne, è stata intercettata a un centinaio di miglia dalle coste italiane. In aiuto degli extracomunitari sono arrivati la nave Peluso della Guardia costiera italiana e un mercantile battente bandiera di Hong Kong, dirottato in zona dalla centrale di Roma. Drammatico il racconto dei superstiti: una donna ha riferito ai soccorritori che la barca sarebbe partita cinque giorni fa dalle coste libiche. A bordo non ci sarebbero state scorte di acqua e di cibo. Dopo poche ore di navigazione il motore si sarebbe fermato e il serbatoio con il carburante si sarebbe rovesciato all’interno dell’imbarcazione, finendo addosso ai migranti. Il gasolio e l’acqua salata avrebbero ustionato alcuni passeggeri. Tre donne sarebbero morte di stenti durante il viaggio e i migranti avrebbero deciso di gettare in mare i loro corpi. Inizialmente le parole della sopravvissuta sono rimaste isolate. Forse per timore, i compagni di viaggio non hanno confermato la testimonianza. Solo in un secondo momento, ai soccorritori anche gli altri superstiti hanno raccontato dei compagni morti e gettati in acqua. Tutti gli immigrati si trovano ora al centro di accoglienza della maggiore delle isole Pelagie, che al momento ospita settecento persone. (Osservatore Romano)