Lampedusa – L’emergenza torna lì, al cuore del Mediterraneo. E con l’emergenza l’indifferenza.
Mentre negli occhi passano ancora le immagini del Papa commosso davanti ai migranti, della folla sterminata nel campo sportivo, delle parole taglienti come spade rivolte ai “grandi” d’Italia e d’Europa, Lampedusa collassa di nuovo sotto il peso della disperazione. Che arriva dal mare, in carne ed ossa.
Tra la notte di mercoledì e la giornata di ieri sono stati 700 gli immigrati soccorsi nel Canale di Sicilia e trasportati sull’isola. Un nuovo carico di sofferenza e speranza che si rovesciano – in parti uguali – sul piccolo molo, dove porte e braccia restano aperte. Le notizie corrono sulla radio della Guardia costiera come una cantilena: “Intercettato gommone in precarie condizioni con 69 migranti”, “Sos da due imbarcazioni con 31 e 89 persone a bordo” e ancora “avvistata carretta di 12 metri con circa 200 uomini a bordo in acque libiche”. Gli immigrati arrivano a gruppi nel porto: prima 15, poi 80, poi altri 100. Trovano aiuto, accoglienza, umanità.
Da domani una mano in più la daranno i volontari di Amnesty International, per il terzo anno consecutivo sull’isola per il campo sui diritti umani, un’iniziativa promossa per ribadire l’impegno a fianco dei lampedusani e per ringraziarli della loro generosità. I muri del paese verranno dipinti con le storie dei bambini, delle donne e degli uomini in fuga da condizioni di vita drammatiche. Sarà organizzata anche una raccolta fondi online (sarà possibile partecipare collegandosi al sito www.murales-per-lampedusa.it).
Ma ancora non basta. A Lampedusa serve di più. Il sindaco, Giuseppina Maria Nicolini, ha le idee chiare: “Va cambiata la Bossi-Fini, con l’abolizione di tutte le norme sull’immigrazione; va cambiato il decreto sicurezza Maroni, con l’abolizione dei Cie e la modifica della logica dei mega centri di permanenza. E poi i Comuni vanno coinvolti, perché è proprio sui territori che il fenomeno maggiormente incide. Per questo non ha senso la logica dei centri extraterritoriali, per entrare nei quali, ad esempio, il sindaco deve chiedere l’autorizzazione”. La Nicolini di emergenza non vorrebbe nemmeno sentire più parlare: “Per noi gli sbarchi sono la normalità, con questo problema ci conviviamo ogni giorno e non mi pare che siano ancora arrivati segnali chiari dal governo, se non
appunto le dichiarazioni di buone intenzioni”. Eccola di nuovo, l’indifferenza condannata da Papa Francesco. Ecco l’immobilità dei governi, di un Europa paralizzata dai suoi problemi finanziari, lontana più che mai dal “faro” del Mediterraneo che accarezza e sfama i più deboli.
Per questo faro il quotidiano cattolico “Avvenire” ha rilanciato, a partire da ieri, una proposta “forte”: quella di candidare la gente dell’isola al Premio Nobel per la pace. Un riconoscimento che, oltre al suo valore simbolico, anche dal punto di vista economico (con il milione di euro che prevede) potrebbe aiutare l’isola nel difficile compito di occuparsi delle migliaia di migranti che ogni anno, con l’estate, si riversano sulle sue coste. Dopo gli onorevoli Renato Schifani e Anna Finocchiaro, e il governatore del Veneto Luca Zaia, anche Legambiente ieri ha sottoscritto la proposta: “Sarebbe giusto premiare la cultura e la civiltà dell’accoglienza di questa gente – ha spiegato il presidente Vittorio Cogliani Dezza –. È ora che lo Stato Italiano premi i lampedusani non solo con la candidatura al Nobel, ma anche con l’implementazione ed il potenziamento di tutti i servizi di cui si sente ancora la mancanza nell’isola, in termini di trasporti, comunicazione, energia sostenibile e innovazione”. (VIVIANADALOISO – Avvenire)
Mentre negli occhi passano ancora le immagini del Papa commosso davanti ai migranti, della folla sterminata nel campo sportivo, delle parole taglienti come spade rivolte ai “grandi” d’Italia e d’Europa, Lampedusa collassa di nuovo sotto il peso della disperazione. Che arriva dal mare, in carne ed ossa.
Tra la notte di mercoledì e la giornata di ieri sono stati 700 gli immigrati soccorsi nel Canale di Sicilia e trasportati sull’isola. Un nuovo carico di sofferenza e speranza che si rovesciano – in parti uguali – sul piccolo molo, dove porte e braccia restano aperte. Le notizie corrono sulla radio della Guardia costiera come una cantilena: “Intercettato gommone in precarie condizioni con 69 migranti”, “Sos da due imbarcazioni con 31 e 89 persone a bordo” e ancora “avvistata carretta di 12 metri con circa 200 uomini a bordo in acque libiche”. Gli immigrati arrivano a gruppi nel porto: prima 15, poi 80, poi altri 100. Trovano aiuto, accoglienza, umanità.
Da domani una mano in più la daranno i volontari di Amnesty International, per il terzo anno consecutivo sull’isola per il campo sui diritti umani, un’iniziativa promossa per ribadire l’impegno a fianco dei lampedusani e per ringraziarli della loro generosità. I muri del paese verranno dipinti con le storie dei bambini, delle donne e degli uomini in fuga da condizioni di vita drammatiche. Sarà organizzata anche una raccolta fondi online (sarà possibile partecipare collegandosi al sito www.murales-per-lampedusa.it).
Ma ancora non basta. A Lampedusa serve di più. Il sindaco, Giuseppina Maria Nicolini, ha le idee chiare: “Va cambiata la Bossi-Fini, con l’abolizione di tutte le norme sull’immigrazione; va cambiato il decreto sicurezza Maroni, con l’abolizione dei Cie e la modifica della logica dei mega centri di permanenza. E poi i Comuni vanno coinvolti, perché è proprio sui territori che il fenomeno maggiormente incide. Per questo non ha senso la logica dei centri extraterritoriali, per entrare nei quali, ad esempio, il sindaco deve chiedere l’autorizzazione”. La Nicolini di emergenza non vorrebbe nemmeno sentire più parlare: “Per noi gli sbarchi sono la normalità, con questo problema ci conviviamo ogni giorno e non mi pare che siano ancora arrivati segnali chiari dal governo, se non
appunto le dichiarazioni di buone intenzioni”. Eccola di nuovo, l’indifferenza condannata da Papa Francesco. Ecco l’immobilità dei governi, di un Europa paralizzata dai suoi problemi finanziari, lontana più che mai dal “faro” del Mediterraneo che accarezza e sfama i più deboli.
Per questo faro il quotidiano cattolico “Avvenire” ha rilanciato, a partire da ieri, una proposta “forte”: quella di candidare la gente dell’isola al Premio Nobel per la pace. Un riconoscimento che, oltre al suo valore simbolico, anche dal punto di vista economico (con il milione di euro che prevede) potrebbe aiutare l’isola nel difficile compito di occuparsi delle migliaia di migranti che ogni anno, con l’estate, si riversano sulle sue coste. Dopo gli onorevoli Renato Schifani e Anna Finocchiaro, e il governatore del Veneto Luca Zaia, anche Legambiente ieri ha sottoscritto la proposta: “Sarebbe giusto premiare la cultura e la civiltà dell’accoglienza di questa gente – ha spiegato il presidente Vittorio Cogliani Dezza –. È ora che lo Stato Italiano premi i lampedusani non solo con la candidatura al Nobel, ma anche con l’implementazione ed il potenziamento di tutti i servizi di cui si sente ancora la mancanza nell’isola, in termini di trasporti, comunicazione, energia sostenibile e innovazione”. (VIVIANADALOISO – Avvenire)