Foggia: la ribellione di 50 braccianti africani

Foggia – Gli schiavi del pomodoro questa volta non ci stanno a subire: denunciano lo sfruttamento nelle campagne del foggiano e in 50, tutti braccianti africani, hanno deciso di fare causa ai padroni, a chi non li vuole pagare, ribellandosi anche ai caporali. Accade ancora una volta in Puglia, la regione dove nel 2011 si è tenuto, a Nardò, il primo sciopero in Italia auto-organizzato di lavoratori stranieri – erano in 400 – contro un sistema di sfruttamento basato sul caporalato, per il rispetto del contratto provinciale (previsto per legge) e per essere assunti direttamente dalle aziende. Per questi episodi di riduzione in schiavitù sono imputati, dinanzi alla Corte d’assise di Lecce, 16 persone, tra imprenditori e caporali. Questa volta la ribellione avviene nel foggiano: i 50 lavoratori africani hanno denunciato alla Fai Cisl di Foggia, lo sfruttamento subito, la scorsa estate, nelle campagne da parte dei caporali stranieri e del datore di lavoro foggiano, e l’organizzazione sindacale ha avviato le vertenze di lavoro. Erano in 287 a lavorare nei campi di pomodoro di una grossa azienda agricola locale, tra Foggia e l’Alto Tavoliere. “Terminato il periodo della raccolta, spariti nel nulla i due caporali che li avevano illegalmente reclutati – raccontano i sindacalisti della Fai Cisl –, i lavoratori hanno denunciato ai carabinieri di San Severo di non aver ricevuto alcun corrispettivo per tutto il lavoro svolto nei mesi di agosto e settembre 2012”. Di fronte al rifiuto di pagare da parte dell’impresa, in questi giorni i braccianti di origine africana si sono rivolti, tramite l’Ufficio Migrantes della Diocesi di Manfredonia e l’Anolf (Associazione nazionale oltre le frontiere) provinciale, alla Fai Cisl di Foggia che ha avviato 50 vertenze di lavoro, tutte già sottoscritte dai migranti. (Avvenire)