GMM: domenica celebrazione a Reggio Calabria con mons. Mondello

Reggio Calabria – “E’ come una festa dei popoli”, e “è qualcosa di più”: questa la sintesi di uno scambio di battute, al termine della celebrazione per la Giornata del Migrante e del Rifugiato, che ho orecchiato domenica sera nella parrocchia di Sant’Agostino di Reggio Calabria fra due signore, l’una brasiliana l’altra filippina. L’una e l’altra avevano ragione. La molteplicità di etnie, il coinvolgimento di singoli e di gruppi, il variopinto abbigliamento di tante signore di oltremare o oltreoceano, i gioiosi ed espansivi complimenti reciproci alla fine del rito, tutto dava aria di soddisfazione e di festa. Come appunto alla Festa dei popoli di primavera in piazza S. Agostino. Ma c’era qualcosa di più. La festa infatti la si è celebrata in chiesa non in piazza, fra credenti che, pur condividono solidariamente con tutti i migranti le durezze di un esodo più o meno forzato, trovano nella loro fede in Cristo ulteriori ragioni di coesione fraterna e di speranza. Tanto più che in circostanze come questa ci si trova fianco a fianco anche con fedeli italiani che fanno capire tutto il calore della loro vicinanza e condivisione fraterna. Va al di là del folclore l’accoglienza fatta all’arcivescovo, mons. Vittorio Mondello, alla porta della chiesa da bambini che, sventolando le bandierine del loro Paese di origine, lo accompagnano fino al presbiterio. Con un prolungato sorriso egli si mostra compiaciuto per questa scorta infantile e ripeterà il suo sorriso quando al momento della pace quando questo gruzzolo di bambini, al di fuori di ogni cerimoniale, salirà di corsa all’altare per avere anch’essi l’abbraccio del Vescovo. Ai piedi del presbiterio egli è atteso da Maria, una congolese immigrata da lungo tempo, che saluta e ringrazia il presule, e poi si sfoga con lui con tono vibrato, in sciolta lingua italiana senza il supporto di qualcosa di scritto, parlandogli a nome di tutti gli immigrati delle dure esperienze della loro vicenda migratoria, particolarmente in questi tempi di crisi. A più di uno è sembrato di cogliere sul volto del Vescovo, che fissava attentamente l’interlocutrice, i segni di una partecipazione che con parola più esplicita si chiama commozione. Non meno toccante, nella sua semplicità, l’inizio della celebrazione con la processione d’ingresso dei ministranti e concelebranti, preceduti da cinque immigrate con tuniche sgargianti del colore dei cinque continenti; reggevano un mappamondo, che poi è stato deposto in evidenza presso l’altare. Tutto diventava richiamo a quella universalità, diciamo pure a quella cattolicità della Chiesa, di cui gli immigrati che vivono tra noi sono un segno visibile e convincente; e ci fanno concludere che le migrazioni, anche se comportano problemi di varia natura, sono soprattutto risorsa, potenziale ricchezza. Lo ha chiaramente sottolineato il Vescovo nella sua omelia: egli ha esordito richiamandosi alle parole così appropriate e toccanti di Maria, la congolese; in lei possiamo vedere – sono sempre parole del Vescovo – l’emblema di tanti immigrati cui si deve non solo comprensione e rispetto, ma apprezzamento e gratitudine, perché nel tessuto sociale e occupazionale del nostro Paese occupano posti e svolgono servizi che sono altamente preziosi, per non dire indispensabili; prezioso è anche il loro inserimento nelle nostre comunità ecclesiali nelle quali, con la loro stessa presenza, apportano questa connotazione di cattolicità. Non va trascurata nemmeno la dimensione ecumenica delle migrazioni, ha aggiunto il Vescovo, data soprattutto la forte presenza anche nella nostra città di cittadini e cittadine dell’Est Europeo in maggioranza ortodosse. Ed è significativo che alla celebrazione partecipasse anche una rappresentanza, soprattutto al femminile, di ucraini, romeni, georgiani ortodossi. Una di loro nella preghiera dei fedeli ha enunciato questa intenzione: “Signore Gesù, questa Giornata del Migrante cade nel cuore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani; cresca nelle nostre Chiese l’ansia e lo sforzo comune per la piena comunione”. Anche con questi fratelli e sorelle immigrati ci si è scambiati il segno di pace, in tutta sincerità e altrettanta sofferenza; ci divide ancora l’impossibilità di condividere l’unico pane eucaristico. Ma questa sincerità e sofferenza ci consente di guardare alle tante cose che già fra noi si condividono; e tra queste va annoverata anche la processione offertoriale che ha presentato al Vescovo e deposto poi ai piedi dell’altare le offerte, tutte in generi alimentari, destinate al Centro di ascolto e di accoglienza “Scalabrini” che fa capo alla Parrocchia S. Agostino; si tratta di un gesto di alto valore ecumenico e interreligioso, a questo Centro infatti quotidianamente si rivolge una quantità di immigrati di qualsiasi appartenenza religiosa col problema del lavoro, del pane quotidiano, in cerca di qualche orientamento per rendere meno precaria la loro esperienza migratoria. Una celebrazione dunque che ha a che fare, per italiani e non italiani, con la vita di ogni giorno. (P. B. Mioli, Direttore Centro Diocesano Migrantes)