Vescovi del Triveneto: l’immigrazione nel documento dopo “Aquileia2”

Venezia – Nuova evangelizzazione, attenzione alla famiglia e alle nuove generazioni, impegno per il bene comune riproponendo il valore della Dottrina sociale della Chiesa e prestando attenzione al fenomeno dell’immigrazione. Sono le tre “priorità per il cammino pastorale” delineate dai vescovi del Triveneto nella Nota pastorale “Testimoni di Cristo, in ascolto”, approvata nei giorni scorsi e diffusa oggi, a bilancio del convegno ecclesiale “Aquileia 2”, svoltosi l’anno scorso, dal 13 al 15 aprile, a Grado e Aquileia, preceduto nel 2011, il 7 e 8 maggio, dalla visita pastorale di papa Benedetto XVI. Per i vescovi del Triveneto l’impegno per il bene comune passa dal “riproporre il valore della Dottrina sociale della Chiesa” e dal prestare attenzione al fenomeno dell’immigrazione, che “sta modificando a fondo la struttura della nostra società”, “portando risorse lavorative, sociali e di fede”. “Un altro fronte sul quale ancora dobbiamo ulteriormente maturare – si legge nella nota – è quello dell’incontro con uomini e donne, bambini, giovani ed anche anziani che sono giunti nelle nostre terre a motivo del complesso fenomeno dell’immigrazione. La loro presenza sta modificando a fondo la struttura della nostra società e portando risorse lavorative, sociali e di fede. Di conseguenza – scrivono i presuli – dovremmo cercare nuovi stili di accoglienza rispettosa, di integrazione culturale, di riconoscimento e promozione di tutti i diritti per ciascuna persona, di dialogo ecumenico e di evangelizzazione. La carità sollecita noi cristiani ad essere autentici testimoni della fede in Gesù Cristo, uomini e donne di giustizia e di pace”. I vescovi chiedono “ascolto, rispetto vicendevole, dialogo con le diverse culture e religioni per favorire l’incontro con il Vangelo e con la persona di Gesù Cristo: senza contrapposizioni e senza rinuncia alla propria identità, con coraggio, in spirito di discernimento, promuovendo il processo di inculturazione della fede; la consapevolezza della nostra comune condizione di ‘migranti’, poiché nessuno è padrone della sua vita, della sua terra, della sua cultura e della sua fede; una convinta promozione della libertà religiosa nella società sempre più composita in cui viviamo, disponibili all’incontro con tutti, preoccupandoci di offrire una testimonianza cristiana continuamente purificata alla luce del Vangelo.