Lampedusa – Fratel Biagio Conte è un missionario laico, nato a Palermo nel 1963. Ha dato vita alla “Missione di Speranza e Carità”, per cercare di rispondere alle drammatiche situazioni di povertà ed emarginazione della sua città natale. “Dopo tantissimi impedimenti”, finalmente, accompagnato da padre Elisée Ake e dal piccolo Fares con sua madre, ha potuto conoscere l’isola di Lampedusa e la sua gente. Vi raccontiamo alcuni momenti di una visita indimenticabile, dove il carisma dell’accoglienza di Biagio “si è sposato” con quello del popolo lampedusano. Poca gente in chiesa. L’orario serale è un tabù, qui si sa… E poi di sabato… Veglia di avvento. Don Giorgio, servo premuroso, svolazza a destra e a manca perché sia tutto in ordine e di tanto in tanto guarda in fondo, verso l’ingresso. Non capisco… Ad un tratto, la porta della chiesa sbatte impetuosa, perché una carrozzella per disabili c’entra per forza… È la prima volta che lo vedo: faccia rosea, barba lunga e il sorriso di un bambino (non esagero). Ma quel volto ti colpisce perché trasmette anche un suo grande desiderio di incontrare Qualcuno… Eccolo, fratel Biagio. Attraversa la navata centrale, accompagnato, e la gente rimane un pò spiazzata. Lo aspettavamo dall’abside… Poi, silenzio. Lui che guarda i volti dell’assemblea e noi che guardiamo lui: questo il saluto… Nella mattinata aveva incontrato i giovani studenti del Liceo Scientifico del posto, ma non so trasmettervi né emozioni, né cronaca; cito, però, Maria Teresa che dice: “La testimonianza di quest’uomo è veramente grande”. Inizia la veglia, si accendono ad una ad una le quattro candele, si alternano le letture e i canti, la Parola e i segni, poi lui prende il microfono: “Fratelli, avrei voluto essere già qui da molto tempo, ma ho avuto continuamente degli impedimenti; adesso, il Signore ha voluto questo incontro e io sono felice di essere in mezzo a voi, popolo che ha svolto e svolge un compito del quale sono molto grato: accogliere i tanti fratelli che giungono a voi dall’Africa… Sì, Dio ha scelto questa isola!” Subito ti nasce dentro questo “parallelismo” tra la sua azione e quella di Lampedusa: accogliere gli ultimi. È come se lui fosse il padre e l’isola la madre (ed oggi è il giorno dell’incontro). Vedi padre Stefano, parroco di frontiera, col capo chino (e Dio sa quanto quest’uomo e sacerdote abbia fatto in questi ultimi anni nell’isola dell’accoglienza), vedi Raimondo tra i banchi (e Dio conosce pure quelle sue notti nella “collina della vergogna”), vedi fratel Biagio che ha una gioia ed una delicatezza negli occhi che non si possono descrivere e vedi il piccolo Fares con sua madre, sbarcati qualche anno fa a Lampedusa e che oggi fanno parte della “Missione di Speranza e Carità” di Palermo, da lui fondata: ecco, il quadro è completo, per adesso. “Guardate questo disegno: è profetico…”. E Biagio lo spiega: “Fares ha disegnato il suo viaggio che parte dall’Africa e arriva direttamente dentro la nostra Missione di Palermo”; poi, di scatto, aggiunge: “Guardate, nel disegno la Sicilia è più grande dell’Africa!”. La veglia si conclude con una pace che può provenire solo dall’Alto: pace inafferrabile, infatti, perché si svela nella “piccolezza” di Biagio. E la “piccolezza evangelica” è la firma di Dio, senza dubbio. L’indomani, domenica mattina, eccoci alla Messa “dei ragazzi”. Il sole illumina questa chiesa colorata da poco e che accoglie meglio chi vi entra. A celebrare è don Elisée (l’ultimo “dei quattro” che vi presento) e l’emozione è ancora più forte di quella di ieri sera, quando racconta la sua testimonianza, durante l’omelia: “Io sono già stato in quest’isola: ricordo ancora la mia barca e quel vento – citato oggi nel Vangelo – è il medesimo di quello che ha soffiato sulla mia vita. Non potrò mai dimenticare quello che avete fatto anche per me e sappiatelo: i vostri nomi sono scritti dentro ognuno di noi che è approdato qui!” Racconta il seguito ed è incredibile: il suo viaggio che passa da Caltanissetta a Palermo, da un Centro all’altro, finché conosce fratel Biagio e poi: “Un giorno, andai da lui e gli dissi: voglio farmi sacerdote!”. Davanti a me, tra i banchi, Provvidenza asciuga lacrime che non si possono trattenere. La parola passa a fratel Biagio che racconta la sua storia: “Ero un giovane come voi, immerso tra la moda e i capricci, ma una sera, vedendo una di quelle scene del terzo mondo che la tv ci trasmette ogni giorno, invento una scusa ai miei, mentre eravamo a tavola, e mi chiudo nella stanza: dentro di me avevo una tempesta! Ero nella crisi più totale… Lasciai Palermo e mi ritirai in eremitaggio nell’entroterra della Sicilia, morto di fame (mi salvò un pastore) e poi decisi di intraprendere a piedi il cammino verso Assisi, accompagnato soltanto da questo bastone (n.d.r. che porta sempre con sé) e un cagnolino trovato sul cammino che chiamai Libertà. Giunsi fino al primo gradino della Basilica che accoglie la tomba di Francesco e lì decisi di affidare la mia vita ai poveri e agli ultimi. In un primo tempo, volevo andare in Africa, ma poi l’Africa la riscoprii proprio a Palermo! Oggi, diamo da mangiare, ogni giorno, a mille bocche affamate e abbiamo tre strutture (due maschili ed una femminile): ogni tanto ci minacciano di tagliarci il gas, la luce e l’acqua, ma la Provvidenza interviene sempre…”. La Messa prosegue e notiamo in lui alcuni atteggiamenti che non distraggono, ma che ti aiutano – paradossalmente – a capire che dietro quella barba c’è il “bambino del Vangelo”… Sorride e abbraccia il piccolo Mariano (incontenibile tra i banchi!), saluta i ragazzi, chiede la macchina fotografica, continuamente interagisce con il piccolo Fares, che gli sistema di tanto in tanto la carrozzella o che gli porge il foglietto della messa e i suoi disegni. Mi aspettava a casa per un’intervista, che io gli avevo chiesto: non ci sono andato. Scusami, fratel Biagio, ma sarebbe stato un personalizzare qualcosa che invece non proviene da me, ma da quel Cristo che dall’Africa, passando per Lampedusa, è giunto fino a Palermo e il cui legno della croce si è incastonato per sempre con quello delle barche dei viaggi della speranza. Ora, il padre ha incontrato la madre…E l’avvento può iniziare. Pace e speranza, fratel Biagio. (A. Cordaro – catechista)