La fragilità e il potere: ieri la messa di Benedetto XVI con i nuovi cardinali nella solennità di Cristo Re

Città del Vaticano – “La solennità di Cristo Re dell’universo, coronamento dell’anno liturgico, si arricchisce dell’accoglienza nel Collegio cardinalizio di sei nuovi membri che, secondo la tradizione, ho invitato a concelebrare con me l’Eucaristia”. Lo ha detto ieri Benedetto XVI, nella messa celebrata nella basilica vaticana nella festa di Cristo re. “In quest’ultima domenica dell’anno liturgico – ha sottolineato il Papa – la Chiesa ci invita a celebrare il Signore Gesù quale Re dell’universo. Ci chiama a rivolgere lo sguardo al futuro, o meglio in profondità, verso la meta ultima della storia, che sarà il regno definitivo ed eterno di Cristo”. Le tre letture della domenica parlano di questo regno. Nel brano evangelico, Gesù è stato portato davanti a Pilato, al quale “chiarisce la natura del suo regno e della sua stessa messianicità”, che “non è potere mondano, ma amore che serve; Egli afferma che il suo regno non va assolutamente confuso con un qualsiasi regno politico”. È “chiaro che Gesù non ha nessuna ambizione politica”. Infatti, il regno di Dio “non si basa sulle armi e sulla violenza”, anzi “nel supremo atto di amore” della Croce “risplenderà il regno promesso, il regno di Dio”. Anche nel racconto della Passione, Gesù “vuole compiere la volontà del Padre fino in fondo e stabilire il suo regno non con le armi e la violenza, ma con l’apparente debolezza dell’amore che dona la vita”. Davanti a Pilato, “Gesù parla di re, di regno, ma il riferimento non è al dominio, bensì alla verità”. Cristo “è venuto per rivelare e portare una nuova regalità, quella di Dio; è venuto per rendere testimonianza alla verità di un Dio che è amore e che vuole stabilire un regno di giustizia, di amore e di pace. Chi è aperto all’amore, ascolta questa testimonianza e l’accoglie con fede, per entrare nel regno di Dio”. Nel brano del profeta Daniele della prima lettura, la visione messianica “viene illuminata e trova la sua realizzazione in Cristo: il potere del vero Messia, potere che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto, non è quello dei regni della terra che sorgono e cadono, ma è quello della verità e dell’amore”. In realtà, la regalità di Gesù è quella “della verità, l’unica che dà a tutte le cose la loro luce e la loro grandezza”. Facendo riferimento, poi, al brano dell’Apocalisse della seconda lettura, il Pontefice ha precisato: “Con il suo sacrificio, Gesù ci ha aperto la strada per un rapporto profondo con Dio: in Lui siamo diventati veri figli adottivi, siamo resi così partecipi della sua regalità sul mondo. Essere discepoli di Gesù significa, allora, non lasciarsi affascinare dalla logica mondana del potere, ma portare nel mondo la luce della verità e dell’amore di Dio”. Riguardo alla seconda venuta di Gesù per giudicare gli uomini e stabilire per sempre il regno divino, “la conversione, come risposta alla grazia divina, è la condizione per l’instaurazione di questo regno”. Si tratta di “un forte invito rivolto a tutti e a ciascuno: convertirsi sempre di nuovo al regno di Dio, alla signoria di Dio, della Verità, nella nostra vita”. Rivolgendosi ai cardinali, in particolare a quelli creati ieri, Benedetto XVI ha ricordato che a loro “viene affidata questa impegnativa responsabilità: dare testimonianza al regno di Dio, alla verità. Ciò significa far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze”, facendosi “imitatori di Gesù, il quale, davanti a Pilato, nella situazione umiliante descritta dal Vangelo, ha manifestato la sua gloria: quella di amare sino all’estremo, donando la propria vita per le persone amate. Questa è la rivelazione del regno di Gesù”. Prima di guidare la recita dell’Angelus da piazza San Pietro, Benedetto XVI ha fatto notare che la solennità di Cristo Re dell’universo “riassume il mistero di Gesù ‘primogenito dei morti e dominatore di tutti i potenti della terra’, allargando il nostro sguardo verso la piena realizzazione del Regno di Dio, quando Dio sarà tutto in tutti”. “Tutta la missione di Gesù e il contenuto del suo messaggio – ha osservato il Papa – consistono nell’annunciare il Regno di Dio e attuarlo in mezzo agli uomini con segni e prodigi”, ma “come ricorda il Concilio Vaticano II, innanzitutto il Regno si manifesta nella stessa persona di Cristo, che lo ha instaurato mediante la sua morte in croce e la sua risurrezione, con cui si è manifestato quale Signore e Messia e Sacerdote in eterno”. Questo Regno di Cristo “è stato affidato alla Chiesa, che ne è ‘germe’ ed ‘inizio’ e ha il compito di annunciarlo e diffonderlo tra tutte le genti, con la forza dello Spirito Santo. Al termine del tempo stabilito, il Signore consegnerà a Dio Padre il Regno e gli presenterà tutti coloro che hanno vissuto secondo il comandamento dell’amore”. “Tutti noi – ha evidenziato il Pontefice – siamo chiamati a prolungare l’opera salvifica di Dio convertendoci al Vangelo, ponendoci con decisione al seguito di quel Re che non è venuto per essere servito ma per servire e per dare testimonianza alla verità”. In questa prospettiva il Papa ha invitato tutti “a pregare per i sei nuovi cardinali”, affinché “lo Spirito Santo li rafforzi nella fede e nella carità e li ricolmi dei suoi doni, così che vivano la loro nuova responsabilità come un’ulteriore dedizione a Cristo e al suo Regno. Questi nuovi membri del Collegio cardinalizio ben rappresentano la dimensione universale della Chiesa: sono pastori di Chiese nel Libano, in India, in Nigeria, in Colombia, nelle Filippine, e uno di essi è da lungo tempo al servizio della Santa Sede”.