Reggio Calabria – Un pezzo di pane rimasto sul bordo del peschereccio, e sul ponte decine di coperte, scodelle vuote, altri resti di cibo e un cattivo odore da togliere il fiato anche se il natante era all’aria aperta nel porto di Reggio Calabria. Scene dure, da tratta di esseri umani ieri mattina nell’approdo reggino dove la Guardia di Finanza ha scortato il peschereccio d’altura battente bandiera greca che era stato avvistato domenica pomeriggio a circa 140 miglia a Sud est di Capo Passero, a largo di Siracusa, e poi è stato monitorato sino a quando è entrato nelle acque territoriali italiane. A quel punto, nella notte tra domenica e ieri, ormai al largo di Capo dell’Armi di Reggio Calabria, intercettato da unità del Gruppo aeronavale di Messina della Finanza, al termine d’un lento inseguimento è stato prima bloccato e poi condotto nel porto della città dello Stretto. Nell’operazione, coordinata dal Comando di Pomezia Pratica di Mare, sono stati impegnati un Atr 42, tre pattugliatori veloci e un elicottero del Gan messinese. Nel porto reggino sono iniziate le operazioni d’identificazione degli immigrati: 169 persone, 111 uomini, 25 donne e 33 bambini. Solo per una delle donne è stato necessario il ricovero in ospedale poiché in precarie condizioni di salute dopo il lungo ma soprattutto devastante viaggio. Gli immigrati, che hanno riferito d’essere afghani e d’essere partiti tre giorni fa da Istanbul, sono stati trasferiti in un centro d’accoglienza allestito dal Comune di Reggio in una palestra. Contestualmente la guardia di finanza ha fermato una decina di persone che erano assieme ai disperati, ritenendo si trattasse degli scafisti.