Sinodo dei Vescovi: si parla di migrazioni (1)

Città del Vaticano – In apertura della Congregazione di ieri mattina del Sinodo dei Vescovi, in corso in Vaticano sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” il Segretario Generale del Sinodo, mons. Nikola Eterović, ha assicurato la viva partecipazione in preghiera del Papa Benedetto XVI, dei Padri Sinodali e degli altri partecipanti al “dramma che stanno vivendo i cittadini della Siria”, auspicando “una soluzione giusta e pacifica del conflitto”. Durante l’Assemblea sono stati diversi i padri sinodali che hanno toccato, nei loro interventi, i temi migratori. Mons. José Horacio Gómez, arcivescovo di Los Angeles, negli Stati Uniti ha sottolineato che la globalizzazione è uno dei “segni” dei nostri tempi. Il processo di globalizzazione – ha affermato – è “economico e finanziario. Tuttavia, la globalizzazione è anche sociale e culturale”. In ogni parte del mondo, i percorsi delle migrazioni di massa – ha poi spiegato – hanno prodotto “nuovi incontri” e nuove “mescolanze” di culture. L’incontro “intenso tra le culture pone – secondo il presule – una sfida alla nuova evangelizzazione della Chiesa. Anzitutto esige che la Chiesa protegga le popolazioni immigrate dall’emarginazione e dallo sfruttamento. La Chiesa deve essere sempre un segno nel mondo del fatto che Dio è con noi e che ai suoi occhi amorevoli nessuno è straniero e siamo tutti fratelli e sorelle”. Di “vantaggio” dalle persone che arrivanoi da altri luoghi ha parlato mons. Alonso Gerardo Garza Treviño, Vescovo di Piedras Negras, in Messico sottolineando che la Chiesa “si nutre in modo significativo della testimonianza e dell’opera evangelizzatrice di molti di loro, impegnati nel mandato missionario”. “Di fronte ai rischi e alle minacce della fede professata dalle persone che emigrano – ha poi aggiunto il presule – è importante che la Chiesa offra il sostegno necessario attraverso una pastorale che li coinvolga insieme alle loro famiglie; occorre anche ricordare loro i propri doveri essenziali come cellula viva della società e Chiesa domestica”. La Chiesa – ha poi spiegato – “non solo li deve assistere tramite una Pastorale per l’Immigrazione con una visione assistenziale e di promozione umana, ma deve soprattutto coinvolgere gli immigrati nell’attività ecclesiale. Noi tutti, membri della Chiesa, dobbiamo vedere nel fenomeno dell’immigrazione un invito a vivere il valore evangelico della fraternità”. Al “fenomeno migratorio” ha dedicato il suo intervento mons. Dionisio Lachovicz, Visitatore Apostolico per i fedeli Ucraini di rito bizantino residenti in Italia e Spagna. In particolare del “fenomeno migratorio” dei fedeli delle Chiese “sui iuris” specialmente di quelli che sono arrivati in grande numero dall’Est Europeo dopo il crollo dell’impero sovietico, come pure di quelli dell’Oriente cristiano in generale. “Con questa immigrazione – ha spiegato – sono apparsi problemi e opportunità nuove”. “Come visitatore apostolico per i fedeli greco-cattolici ucraini presenti in Italia e Spagna – ha sottolineato – posso costatare la meravigliosa accoglienza fraterna data dalla chiesa cattolica latina a questi fedeli, aprendo lo spazio delle proprie chiese, provvedendo l’assistenza con i sacerdoti dello stesso rito, prestando loro l’assistenza sociale, che per molti di questi fedeli è stata anche l’opportunità per riscoprire la propria fede”. Ciò nonostante, in alcune realtà “talvolta senza accorgersi, con il comprensibile tentativo d’integrazione degli immigrati nel tessuto sociale e ecclesiale del paese di accoglienza, questa integrazione ecclesiale dei fedeli appartenenti alle Chiese sui iuris, può diventare problematica”, ha spiegato, perché “si può creare un processo di latinizzazione molto dannoso ai fedeli stessi, come, peraltro, attestano fatti storici molto dolorosi, che registrano anche di passaggio di questi fedeli ad altre confessioni non cattoliche oppure all’abbandono della propria fede”. (Raffaele Iaria)