Migrantes: il diritto alla salute degli immigrati nasce non solo da una nuova terapia ma anche da un modello nuovo di città

Roma – “La facilità o meno dell’accesso alla cura è un tassello del riconoscimento della dignità delle persone migranti”. Lo ha detto oggi pomeriggio mons. Giancarlo Perego intervenendo alla Conferenza nazionale permanente “Religioni, cultura e integrazione” svoltasi al Ministero per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione, alla presenza del Ministro Andrea Riccardi e del Ministro della Salute Renato Balduzzi.
Alla Conferenza, che ha avuto come tema la salute degli immigrati ed il loro rapporto con il sistema sanitario nazionale, sono intervenuti i rappresentanti religiosi delle comunità straniere presenti in Italia, studiosi, esponenti della cultura, della società civile e delle istituzioni.
La Migrantes, portando il suo contributo al dibattito, ha segnalato  che il problema “non è la qualità delle cure, piuttosto la difficoltà dell’accesso alla cura”.
Tre gli spetti problematici sottolineati ma mons. Perego. Il primo è quello della “tutela del diritto alla salute, dell’accesso ai servizi”: la “non conoscenza delle istituzioni, la non conoscenza linguistica, la diffidenza naturale portano spesso gli immigrati regolari a non avvalersi del medico di famiglia e dei servizi. Questo richiede un accompagnamento che può essere facilitato da un lavoro di rete sociale e sanitaria”.
Altro problema è quello che riguarda i servizi di salute mentale: “la partenza da un Paese, da una casa, l’arrivo in un altro Paese e in un’altra cultura, lo stile di vita differente, la nascita e la crescita in un Paese diverso da quello dei genitori, la mancanza di figure parentali fondamentali, le forme di violenza manifesta o subdola unita a discriminazioni portano con sé indubitabilmente problematiche e patologie spesso gravi sul piano della salute mentale. La cura della mobilità significa anche l’attenzione particolare a questi fenomeni che sempre hanno accompagnato nella storia la mobilità”. Per mons. Perego  “mobilità significa separazione, rottura, distanza: aspetti che chiedono una comunità attenta e non distratta verso l’ospite, chi giunge da lontano, i nuovi”. E poi l’attenzione alla tutela della vita e alla maternità delle donne migranti”. I dati “drammatici” delle interruzioni di gravidanza (40.000 su un totale di 120.000), del consumo di pillole del giorno dopo da parte di donne migranti segnalano come “spesso le donne migranti sono sole nel vivere la maternità, non tutelate e spesso abbandonate ed escluse da percorsi di aiuto. La cura della salute in un Paese trova nella cura della maternità e della tutela della vita “uno degli indicatori più importanti per verificarne l’efficacia”.
Per mons. Perego “la cura nasce non solo da una nuova terapia, da nuovi farmaci, ma anche da un modello nuovo di città, di relazioni educative e sociali, di servizi alla persona, da una nuova rete solidale e di accompagnamento”.