Perché un cuore chiuso?: la riflessione all’Angelus di Papa Benedetto XVI

Castel Gandolfo – I miracoli di Gesù sono “segni dell’amore di Dio” che richiedono anche la nostra fede. Lo ha ricordato Benedetto XVI, nella recita dell’Angelus con i pellegrini giunti nel cortile della residenza di Castel Gandolfo, che lo hanno accolto con un canto, quando si è affacciato al balcone. “Ringraziamo i ragazzi da Dresda che hanno cantato così bene”, ha detto a braccio. “Vorrei soffermarmi brevemente sul brano del Vangelo di questa domenica, un testo da cui è tratto il celebre detto ‘Nemo profeta in patria’, cioè nessun profeta è bene accetto tra la sua gente, che lo ha visto crescere”, ha affermato il Papa. In effetti, ha proseguito, “dopo che Gesù, a circa trent’anni, aveva lasciato Nazareth e già da un po’ di tempo era andato predicando e operando guarigioni altrove, ritornò una volta al suo paese e si mise ad insegnare nella sinagoga. I suoi concittadini ‘rimanevano stupiti’ per la sua sapienza e, conoscendolo come il ‘figlio di Maria’, il ‘falegname’ vissuto in mezzo a loro, invece di accoglierlo con fede si scandalizzavano di Lui”. Questo fatto, secondo il Pontefice, “è comprensibile, perché la familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro. Gesù stesso porta come esempio l’esperienza dei profeti d’Israele, che proprio nella loro patria erano stati oggetto di disprezzo, e si identifica con essi”. Non solo: “A causa di questa chiusura spirituale, Gesù non poté compiere a Nazareth ‘nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì’”. Infatti, ha precisato “i miracoli di Cristo non sono una esibizione di potenza, ma segni dell’amore di Dio, che si attua là dove incontra la fede dell’uomo. È una reciprocità”. E qui ha ricordato quanto scrive Origene: “Allo stesso modo che per i corpi esiste un’attrazione naturale da parte di alcuni verso altri, come del magnete verso il ferro … così tale fede esercita un’attrazione sulla potenza divina”.

“Sembra – ha osservato Benedetto XVI – che Gesù si faccia, come si dice, una ragione della cattiva accoglienza che incontra a Nazareth. Invece, alla fine del racconto, troviamo un’osservazione che dice proprio il contrario. Scrive l’evangelista che Gesù ‘si meravigliava della loro incredulità’”. Dunque, “allo stupore dei concittadini, che si scandalizzano, corrisponde la meraviglia di Gesù. Anche Lui, in un certo senso, si scandalizza! Malgrado sappia che nessun profeta è bene accetto in patria, tuttavia la chiusura del cuore della sua gente rimane per Lui oscura, impenetrabile: come è possibile che non riconoscano la luce della Verità? Perché non si aprono alla bontà di Dio, che ha voluto condividere la nostra umanità?”. In effetti, ha evidenziato il Papa, “l’uomo Gesù di Nazareth è la trasparenza di Dio, in Lui Dio abita pienamente. E mentre noi cerchiamo sempre altri segni, altri prodigi, non ci accorgiamo che il vero Segno è Lui, Dio fatto carne, è Lui il più grande miracolo dell’universo: tutto l’amore di Dio racchiuso in un cuore umano, in un volto d’uomo”. Colei che ha compreso veramente questa realtà, ha sottolineato il Pontefice, “è la Vergine Maria, beata perché ha creduto. Maria non si è scandalizzata di suo Figlio: la sua meraviglia per Lui è piena di fede, piena d’amore e di gioia, nel vederlo così umano e insieme così divino”. Di qui l’invito: “Impariamo da lei, nostra Madre nella fede, a riconoscere nell’umanità di Cristo la perfetta rivelazione di Dio”.
Dopo l’Angelus Benedetto XVI, rivolgendosi ai presenti, ha detto: “Cari fratelli e sorelle, sono lieto di accogliervi qui a Castel Gandolfo, dove sono giunto da alcuni giorni. Saluto cordialmente la comunità locale e auguro a tutte le famiglie di poter avere un momento di riposo e di ricarica fisica e spirituale”.
Nei saluti in varie lingue Benedetto XVI in francese ha esortato: “In questo periodo estivo, non mandate Dio in vacanza, pensate a pregare e ad andare a messa”. (SIR)