ANCI: un rapporto sui minori stranieri

Roma – Saranno due milioni nel 2029 i minori stranieri residenti in Italia, di cui un milione e 770 mila nati nel nostro paese ma soltanto il 7 per cento di essi potrà diventare cittadino italiano se restasse in vigore la normativa attuale sulla cittadinanza. È questa la stima che emerge dal rapporto Cittalia-Anci “Da residenti a cittadini: il diritto di cittadinanza alla prova delle seconde generazioni” presentato presso la sede dell’ANCI nel corso della conferenza sul tema che mette a confronto esperti e decisori politici su un argomento di forte attualità per l’integrazione a livello locale. Lo studio Cittalia-ANCi segnala che nel 2029 raddoppierà il numero di minori stranieri residenti nelle città italiane, passando dall’attuale 9,7 per cento ad un 20,7 per cento, vale a dire due minori su dieci saranno di origine straniera. Se venisse modificata l’attuale legge sulla cittadinanza, basandosi sullo ius soli invece che sullo ius sanguinis in vigore attualmente, nel 2029 l’86 per cento del totale dei minori stranieri residenti diventerebbe cittadino italiano, invece che solo il 7 per cento. Se venisse approvata la legge di iniziativa popolare proposta dal comitato L’Italia sono anch’io, che chiede il riconoscimento della cittadinanza ai figli di genitori residenti in Italia almeno da un anno, si registrerebbe un cambio di prospettiva nettissimo con effetti positivi sulla riduzione dell’esclusione dei giovani stranieri e delle disparità di trattamento, garantendo maggiore accesso a diritti e servizi legati allo status di cittadini.

 
Al 2011 sono circa un milione (993.238) i minori con cittadinanza straniera regolarmente residenti in Italia facendo registrare un aumento, dal 2000 ad oggi, del 332 per cento. La proporzione dei minori nati nel nostro paese è notevolmente aumentata rispetto a quella di minori e giovani immigrati dall’estero, rappresentano infatti ben il 71 per cento del totale dei minori stranieri residenti.
L’indagine Cittalia-ANCI, condotta in una decina di città del Centro-Nord (Torino, Alessandria, Genova, Varese, Verona, Trieste, Reggio Emilia, Ferrara, Forlì, Firenze) ha individuato una costante crescita dei minori stranieri (triplicati dal 2003 al 2010) ma anche la sostanziale inadeguatezza del criterio dello ius sanguinis per l’assegnazione del diritto di cittadinanza ad un numero crescente di giovani come prerogativa necessaria per l’integrazione e la mobilità sociale delle seconde generazioni e delle loro famiglia. Dal 2005 al 2010, su cento minori stranieri nati in Italia residenti nelle dieci città considerate, in media solo 62 ogni anno hanno acquisito la cittadinanza italiana ex. art. 4 (che assegna la cittadinanza ai minori stranieri nati e residenti in Italia), mentre rispetto alle cittadinanze ottenute ex art. 14 (che riguarda i figli di genitori che hanno acquisito lo status di cittadino italiano), anche se la percentuale è nettamente più bassa rispetto a quella delle cittadinanza ex art. 4, risulta in lieve aumento. Si è passati infatti dallo 0,9 per cento di minorenni che avevano ottenuto la cittadinanza nel 2004 all’oltre 2 per cento dei minori stranieri residenti nel 2010.
La ricerca Cittalia-ANCI riporta anche i risultati di un’indagine realizzata in collaborazione con Swg sulla percezione dell’immigrazione e dei diritti dei migranti da parte degli italiani, secondo cui la maggioranza dei cittadini (55 per cento del totale) dichiara di essere favorevole all’ottenimento della cittadinanza da parte degli stranieri a patto che paghino le tasse, frequentino per un anno corsi di storia e cultura italiana e possano sostentarsi adeguatamente. Dall’indagine emerge un’alta percentuale di italiani (44 per cento) con un elevato grado di consapevolezza circa l’effettiva presenza straniera nel paese, con un forte aumento rispetto agli anni precedenti, mentre resta ancora parzialmente errata la conoscenza dei diritti dei migranti: il 23 per cento ritiene infatti che gli stranieri dispongano di diritti ulteriori rispetto a quelli sanciti dalla legge. Inalienabile il diritto alla salute e alle cure urgenti per circa il 70 per cento dei rispondenti ma su alcuni diritti, come l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, il 41 per cento del campione ritiene bisogna salvaguardare in primo luogo gli italiani. Dall’indagine emerge che il forte dibattito pubblico su questi temi ha alimentato una maggiore conoscenza dei contorni della tematica da parte dell’opinione pubblica supportata solo parzialmente da una conoscenza diretta di questa particolare categoria (solo il 16 per cento dichiara di essere in contatto con stranieri per aiuto domestico o in ufficio).