Mons. Nosiglia: tra le povertà “acute” di Torino quella dei rom e sinti

Torino – Tra le tante “povertà” di cui “soffre” la città di Torino è quella dei rom e sinti tra le “più acute e sentite come urgenti”. Lo ha detto ieri l’arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia durante la celebrazione in Cattedrale per la festa di San Giovanni Battista.  Torino, “non certo da sola ma con il doveroso contributo anche finanziario delle istituzioni europee e degli altri enti territoriali – ha aggiunto il presule – è in grado di affrontare questo antico e grave problema ed eccellere nella messa in atto di un programma organico di integrazione delle popolazioni rom e sinti che vivono oggi in condizioni spesso indegne di una società civile, in ‘campi’ dove crescono la violenza e la delinquenza”.

Per mons. Nosiglia gli stessi nomadi debbono assumersi la responsabilità per “la loro promozione sociale, rispettando la legalità e le norme di civile convivenza comuni ad ogni cittadino. La tutela dei loro diritti va di pari passo con i doveri che ne conseguono e questo vale anche per gli abitanti dei quartieri dove dimorano, e degli altri Comuni che ospitano campi. Spazi attrezzati dove sostare e usufruire di servizi essenziali per vivere dignitosamente, abitazioni per coloro che lo desiderano, lavoro, scuola e salute, cura delle loro tradizioni culturali e religiose, sono problemi che solo operando insieme si possono affrontare, nel reciproco rispetto e accoglienza, superando quelle paure del ‘diverso’ che suscitano avversione e rifiuto”.
“La soluzione non sta dietro l’angolo – ha sottolineato l’arcivescovo di Torino – ma occorre un programma di interventi strutturali che abbiano il carattere della continuità, della sostenibilità anche sul piano finanziario, perché l’occasionalità o peggio la stagnazione, aggravano di mese in mese il degrado e l’invivibilità sia nei campi che sul territorio. La formazione di operatori e di mediatori culturali aiuta a raggiungere tali obiettivi. Dio che ascolta il grido del povero di certo non resterà sordo all’invocazione di aiuto di quei figli che nel suo nome si impegnano a vivere insieme la giustizia e la carità”.
Nella sua omelia mons. Nosiglia ha parlato della città di Torino che “non può essere un contenitore anonimo in cui predominano l’individualismo e l’utilitarismo dei singoli o dei gruppi, ma un ambiente vitale dove l’attenzione e la cura della prossimità e della cultura del vicinato che attiva relazioni interpersonali ricche di amicizia e di interesse comune sono promosse e sostenute da ogni singolo cittadino, dall’educazione alla cittadinanza delle giovani generazioni, dall’accoglienza di ogni persona e famiglia o gruppo etnico riconosciuti e valorizzati nelle loro singolarità, dall’attenzione privilegiata per chi è in difficoltà o nel bisogno. Una realtà profondamente umanizzante e spiritualmente ricca, in cui ogni persona e famiglia, i bambini, i giovani e gli anziani, gli immigrati, i disabili e i poveri si sentono a ‘casa loro’ e si impegnano con responsabilità per rendere la qualità della vita serena e portatrice di valori condivisi, per i quali vale la pena lavorare e soffrire, se necessario”.