Rom in Europa: dalle strategie ai fatti

Bruxelles – Non è ancora un reale passo avanti, ma almeno un “segnale di attenzione”. A un anno dall’approvazione della strategia comunitaria per l’inclusione dei rom, la Commissione traccia un bilancio di quanto è stato realizzato e di quanto – molto, quasi tutto – rimane da fare. Gli Stati membri hanno adempiuto sinora al compito di presentare le “strategie nazionali” sul fronte dell’integrazione sociale, economica e culturale della più ampia minoranza presente nell’Unione (10-12 milioni di cittadini).

 “Ma – come afferma la vice presidente Viviane Reding – gli impegni scritti non rappresentano una soluzione. Bisogna fare, fare di più”. Lo stesso segnale giunge dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali che ribadisce senza giri di parole: in Europa “le discriminazioni e l’antiziganismo persistono”.
“Gli Stati membri devono cambiare marcia e intensificare la loro azione prendendo misure concrete, fissando obiettivi espliciti, stanziando finanziamenti appositi”, insiste Viviane Reding. “Ci vuole qualcosa di più delle strategie sulla carta: occorrono risultati tangibili nelle politiche nazionali, che migliorino la vita dei rom”.
Povertà, discriminazione, ignoranza, segregazione, pregiudizi: la Commissione europea descrive una situazione diffusa nel vecchio continente benché, riconosce, le differenze nazionali sono notevoli, anche solo per il fatto che la stragrande maggioranza degli “zingari” vive in pochi Stati, e specialmente in Ungheria, Romania, Spagna, Bulgaria, seguite da Francia, Balcani, Italia. Dal canto suo László Andor, commissario per gli affari sociali e l’Integrazione, puntualizza: “L’inclusione dei rom costituisce un imperativo economico e sociale” ma anche “morale”, e lascia intravvedere il dovere della solidarietà. La Commissione di Bruxelles tiene a segnalare alcune “buone prassi” riscontrabili nell’Ue. Andor ricorda le misure in campo scolastico adottate in Spagna, Slovenia e Finlandia; i piani per migliorare l’occupazione della stessa Spagna e della Bulgaria; il miglioramento dell’accesso all’assistenza sanitaria che si registra in Ungheria e Romania; le azioni nel campo degli alloggi avviate in Francia. A volte si tratta di timidi segnali, ma sono pur sempre segnali positivi.
A questo punto occorre tornare all’Agenzia Ue per i diritti fondamentali, con sede a Vienna e Bratislava. Il direttore, Morten Kjaerum, il 23 maggio ha reso nota l’ultima indagine sulla situazione dei rom negli 11 Paesi (Bulgaria, Repubblica ceca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna) con la maggiore presenza di questa parte di popolazione. Il rapporto è stato preceduto da una serie di 22mila interviste a persone di origine rom e a persone non-rom che vivono negli stessi territori. “In media, la situazione dei rom è peggiore di quella dei loro vicini di casa, delle famiglie che abitano nelle loro immediate vicinanze”. Secondo tale relazione, realizzata in collaborazione con il Programma sviluppo dell’Onu, molti rom continuano a essere oggetto di discriminazione ed esclusione sociale in tutta l’Ue. “I risultati di queste indagini tracciano un quadro fosco”, sottolinea Kjaerum. “Emerge che un’azione tempestiva ed efficace è indispensabile, soprattutto per migliorare l’istruzione dei rom. Questo è un elemento cruciale per liberare il loro potenziale futuro e fornire ai giovani competenze tali da spezzare il circolo vizioso della discriminazione e della povertà”. La relazione affronta i quattro aspetti ritenuti fondamentali dalla strategia comunitaria: istruzione, lavoro, casa e diritto alla salute.
“Soltanto il 15% dei giovani adulti rom intervistati ha completato il ciclo di istruzione secondaria superiore generale o professionale – spiega l’Agenzia europea -, mentre per la popolazione maggioritaria delle stesse zone si registra una percentuale superiore al 70%”. Inoltre “meno del 30% dei rom ha un’occupazione retribuita” e infatti 9 persone rom su 10 vivono al di sotto della soglia di povertà; il 45% circa “vive in abitazioni in cui mancano la cucina o servizi sanitari oppure l’elettricità”. Ancora: “Il 40% circa dei rom intervistati vive in una famiglia in cui una persona è andata a dormire affamata almeno una volta nel corso dell’ultimo mese a causa della mancanza di denaro per l’acquisto di generi alimentari”.
Sulla base di questi dati, Livia Jaroka, eurodeputata ungherese di origine rom, da Strasburgo commenta: “È ora di passare dai progetti sulla carta ad azioni concrete, che vadano veramente ad aiutare i rom. Si tratta di un impegno necessario per favorire l’inclusione di queste popolazioni, che continuano a vivere ai margini della società”. Jaroka insiste sul miglior utilizzo dei fondi comunitari (ad esempio il Fondo sociale europeo). La deputata indica inoltre la “situazione particolarmente grave nei Paesi della ex Yugoslavia”, dove i rom sono numerosi. Gli Stati balcanici dovrebbero a suo avviso “investire in chiave di inserimento e di antidiscriminazione i fondi Ue di preadesione”. (SIR)