Il Papa e i migranti di Milano: “vivere insieme la fede”

Milano – “Speriamo molto nel Papa: che con le sue parole traduca la nostra lettera in un vivere comune. Lui è bravo ad andare in fondo ai problemi, ormai Benedetto lo conosciamo bene. Ci aspettiamo qualche parola che dica i nuovi cammini, le piste da percorrere anche per una Chiesa fatta di novità, di una grande famiglia di famiglie”. A parlare è don Giancarlo Quadri, direttore della Migrantes di Milano facendo riferimento alla lettera inviata al Papa dalle famiglie migranti di Milano in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie che si svolgerà dal 30 maggio al 3 giugno.(/pls/siti/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=8562&rifi=guest&rifp=guest).

 Le famiglie migranti che vivono nel capoluogo lombardo si stanno preparando da tempo a questo evento. Fin da gennaio dell’anno scorso hanno cominciato a confrontarsi con dibattiti e due grandi assemblee. E poi aperto le proprie case per accogliere i pellegrini.
“Il senso della lettera – spiega don Quadri al settimanale “Milano-Sette” – è sintetizzato nei tre punti
indicati. Per i cristiani il Papa riveste una triplice funzione: quella di confermare, di chiamare come pescatore di uomini e l’amore di cui Cristo lo investe e che lui deve a sua volta donare. Proprio per questa figura evangelica del Papa le famiglie immigrate si sono sentite interrogate in ciò che di più profondo esiste nella loro attuale esistenza: sono molte le difficoltà, le preoccupazioni, anche le divisioni esistenti in questo scenario. Perciò si rivolgono al Papa, perché sia lui a confermarli in questa fede che diventa difficile nel processo migratorio. Li ho accompagnati in questo lungo percorso, più di un anno. Ciascuna comunità ha lavorato per proprio conto e poi abbiamo messo insieme i risultati scambiandoci le idee”.
Per don Quadri l’incontro mondiale delle Famiglie deve dare “una spinta più forte a vivere insieme tra le famiglie di diverse culture e popoli che già sono qui. È la grandissima scommessa. Spero proprio che il Family dia un grande impulso a questo vivere insieme, a un nuovo modo di fare società”.
E poi la scommessa è che “non ci sia più bisogno della Pastorale dei migranti, perché veramente saranno inseriti nella pastorale ordinaria, nelle nostre parrocchie. Non deve essere più una meraviglia vedere una famiglia africana che va a fare la comunione oppure il dar la pace ai latinoamericani con le loro espressioni o ai filippini così bravi e numerosi nella partecipazione”.