San Paolo – Oggi in Brasile, secondo stime dell’ambasciata italiana, vivono oltre 25 milioni di oriundi. Sembra addirittura che, contando i cognomi registrati all’anagrafe, San Paolo sia la seconda città italiana più popolata del mondo dopo Roma. Ma a parte la megalopoli Paulista e lo Stato a cui da il nome, il grosso dell’emigrazione italiana si è concentrata a sud, nella zona “incastrata” tra Paraguay, Argentina ed Uruguay. Anche a causa del clima, molti dei nostri connazionali venuti qui in cerca di terra e di lavoro dal 1870 in poi, (costituendo fino al 1950 il gruppo etnico di emigranti più numeroso) scelsero – e italianizzarono in massa – questa relativamente piccola appendice meridionale dell’ex colonia portoghese. Al punto che l’IBGE (Istituto Brasiliano per la Geografia e la Statistica) considera oggi italo-brasiliani un terzo della popolazione dei tre Stati che la compongono: 9 milioni circa su 27 totali tra Parana’, Santa Catarina e Rio Grande do Sul.
Ma per accorgersi di quanto diffusa e capillare sia questa presenza non servono le cifre ufficiali: tutto, dai cartelloni pubblicitari agli elenchi del telefono, pullula di nomi ‘nostrani’. Se però ai ‘titolari’ di questi nomi se ne chiede la provenienza specifica nella maggior parte dei casi bisogna accontentarsi di un “nao sei” (non so). Di fatto qui l’esodo italiano è antico oltre che numeroso. Il grosso dei connazionali, gran parte dal Triveneto (molti addirittura con passaporto austroungarico), approdò su queste sponde – per disboscarle e coltivare caffè – alla fine del 19esimo secolo. Sempre secondo l’IBGE, più di un milione di italiani (due terzi del totale) emigrarono in Brasile prima del 1900. E dopo la quinta o sesta generazione è normale che di tante storie familiari si siano perse le tracce.
Quelle culturali, tuttavia non si sono perse affatto. Sulla mappa di questa zona figurano Nova Cantù, Nova Brescia, Nova Treviso, Nova Padua e Nova Bassano, (addirittura due Nova Venezia – una scritta con la “c” al posto della “z”). Qui, tutto ricorda l’Italia, dal cibo all’architettura fino al modo di pronunciare il portoghese. E forte, fortissima, è l’impronta italiana nell’interpretare – dall’aspetto dei luoghi di culto alle espressioni della devozione per i santi – la fede cattolica. La sinergia tra le migliaia di religiosi in missione (il Brasile è da sempre la nazione con il maggior numero di missionari italiani) e i figli, i nipoti e i pronipoti degli emigranti che hanno scelto la carriera ecclesiastica, ha fatto degli italiani i principali continuatori dell’evangelizzazione di questo enorme Paese, iniziata sotto l’impero portoghese, dai padri gesuiti.
I segni di questo fenomeno sono ovunque in questa parte di Brasile e, nonostante la popolarità crescente dei nuovi, numerosi e variegati movimenti evangelici protestanti, continuano a spuntarne di nuovi. Molti sono i luoghi dove l’impatto di questo mix di fede e italianità è particolarmente marcato. (Stefano Salimbeni – Famiglia Cristiana)


