Torino – E’ uscito, in questi giorni, il XII Quaderno Migrantes sul tema “Migrazioni e crisi economica, realizzato dall’Ufficio Migrantes della diocesi di Torino. Pubblichiamo di seguito la presentazione del Direttore don Fredo Olivero.
La crisi mondiale, in tempo di globalizzazione, ha effetti internazionali importanti, obbligando i diversi Paesi (e i loro governi) a fare un passo indietro con l’attuale recessione. La crisi tocca la forza lavoro straniera perché è meno garantita socialmente e più sensibile. Tocca la stessa immigrazione negli aspetti delle ricongiunzioni familiari, nella partenza e all’arrivo. Se la burocrazia cammina allo stesso modo, la possibilità di chiudere positivamente una “pratica” è più difficile (reddito consolidato, casa, ecc.).La forza lavoro straniera – salvo rare eccezioni – è sempre precaria. Che cosa significa un lavoro di assistenza familiare a tempo indeterminato per assistere un anziano grave o morente? Quanto garantisce il lavoro agricolo (in maggioranza stagionale)? E l’edilizia che – per sua natura – è più precaria: finito un appalto, quando vi sarà il prossimo? Il 9% della forza lavoro straniera, che è sostanzialmente sparsa in tre settori – nei quali rappresenta dal 90% nell’assistenza familiare al 50% dei nuovi assunti nell’agricoltura e nell’edilizia – è precaria per la natura stessa della tipologia di lavoro. Dal 2008 al 2010 i tassi di attività sono calati (molto di più tra gli stranieri), ma quello di disoccupazione, in due anni, è cresciuto del 73%, contro il 32% degli italiani. I settori di lavoro ci danno un’altra indicazione: si passa dal lavoro regolare al lavoro in nero (in ambito familiare) prima di finire disoccupati veri.
Quando il sociale è ridotto al minimo, la crisi delle famiglie di livello medio è fortissima.
La colf o “badante” diventa un familiare del malato stesso, disoccupato o in cassa integrazione, l’edilizia non tira, l’agricoltura passa al lavoro nero. Pur restando alto il livello di occupazione tra gli stranieri (73% e 69% maschi e femmine), il bisogno essenziale di mandare al paese di origine (dove la crisi morde di più) le rimesse (motivo per cui la famiglia allargata li ha fatti partire) diventa un aspetto di tensione. Si rompe il rapporto sereno tra chi parte e chi resta, e la crisi, da finanziaria, diviene psicologica, cambia le relazioni, aumenta le tensioni all’interno del nucleo familiare allargato. Un aspetto importante delle comunità straniere è la capacità di soffrire sul piano economico e finanziario. Le convivenze nello stesso alloggio, ora, sono al 50% delle famiglie e questa difficoltà di pagare l’affitto porta una continua sofferenza che la convivenza aumenta. La ripresa, che tarda a venire, segna gli italiani, ma ancor di più gli stranieri che – nonostante tutto – devono resistere. (don F. Olivero – Direttore Migrantes Piemonte)