Circa 2000 profughi a Roma vivono in strada

Roma – A Roma, su un totale di circa 8000 persone senza fissa dimora, sono almeno 1500/2000 i rifugiati, richiedenti asilo o profughi in transito che vivono in condizioni di marginalità, in strada o in insediamenti precari. Nella sola stazione Ostiense transitano ogni anno 1100 profughi afgani, il 34% sono minorenni. Sono i dati illustrati oggi dalla onlus Medici per i diritti umani (Medu), che in una conferenza stampa alla Regione Lazio ha chiesto di istituire al più presto un Centro per i profughi in transito e migliorare, complessivamente, il sistema di accoglienza. Medu, tramite il progetto “Un camper per i rifugiati a Roma”, è presente nei principali luoghi romani del disagio dei profughi (Stazione Ostiense, baraccopoli di Ponte Mammolo, Centro Ararat, edificio occupato di via Collatina, edificio di via Arrigo Cavaglieri) con un camper attrezzato ad ambulatorio e una equipe di medici, mediatori, antropologi, operatori sociali e volontari che offrono assistenza sanitaria e orientamento. Sono afgani, curdi, iracheni, pakistani, eritrei, etiopi, somali, “tutti profughi in fuga da guerre e conflitti, diretti in altri Paesi europei – ha spiegato Alberto Barbieri, coordinatore generale Medu -. Ma le insufficienze dei servizi e dei percorsi di accoglienza e integrazione costringono queste persone a vivere in strada, sui binari abbandonati, nelle stazioni, in condizioni disumane”.
Nei primi sei mesi di attività del progetto è stato effettuato uno screening: il 75% dei pazienti non è in possesso di alcun documento. Il 15% ha un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria o per motivi umanitari, il 5% è richiedente asilo, il 2% è titolare dello status di rifugiato. Il 71% dei pazienti ha dichiarato di essere in Italia da meno di un mese. Molti presentano traumatismi procurati durante il viaggio dalla Grecia in Italia sotto i tir o all’interno dei vani degli autocarri, senza cibo e acqua per giorni. “Oppure hanno lesioni da maltrattamenti – precisa Barbieri – procurate dalle forze di polizia greche”. Nessuno è affetto da tubercolosi ma il 32% ha malattie delle alte vie respiratorie e bronchiali, a conferma del fatto “che partono solo i più giovani e sani, e si ammalano durante il viaggio o in Italia, a causa delle precarie condizioni igieniche e sanitarie”. La maggior parte sono giovani tra i 18 e i 30 anni, ma d’estate vi sono anche molte donne sole con figli. Scarso è l’accesso alle informazioni sull’iter per la richiesta di asilo e sui diritti dei rifugiati e molte le difficoltà, tra cui tempi di attesa molto lunghi. Secondo Micaela Malena, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, “il sistema dell’asilo in Italia deve diventare più credibile e favorire l’integrazione, altrimenti ogni strategia risulta vana”. (SIR)