Strasburgo – I lavoratori provenienti dall’Europa orientale “non creano disoccupazione né un carico maggiore per lo stato sociale”, al contrario, favorirebbero la crescita del Pil. Per questa ragione, l’Europarlamento chiede che tutti gli Stati membri accettino i cittadini bulgari e romeni nel proprio mercato del lavoro entro la fine del 2011.
La posizione dell’Assemblea è contenuta in una risoluzione approvata nel corso della recente sessione plenaria di Strasburgo. Traian Ungureanu, eurodeputato romeno, autore della risoluzione, ha spiegato che “non è stato riscontrato nessun impatto negativo in quegli Stati membri che hanno aperto il mercato del lavoro ai cittadini dei Paesi” che sono entrati a far parte dell’Unione nel 2004 e nel 2007. Così l’emiciclo si rivolge ai Paesi che hanno approvato restrizioni per i cittadini bulgari e romeni o che sono contrari al loro ingresso (soprattutto Paesi Bassi e Finlandia), chiedendone la rimozione entro la fine di quest’anno, “in anticipo rispetto alla data ultima del 2013 prevista dai trattati di adesione UE”. Tali restrizioni sarebbero infatti “controproducenti e violerebbero valori comunitari quali la libera circolazione, la non discriminazione, la solidarietà e la parità di diritti”. La risoluzione esprime poi una critica, come segnala una nota del Parlamento UE, “contro le proposte legislative che sono state recentemente adottate da alcuni Stati membri allo scopo di reintrodurre restrizioni nei confronti dei cittadini di altri Stati UE per impedire loro l’ingresso nel proprio mercato del lavoro”; la Commissione dovrebbe verificarne la compatibilità con il diritto comunitario. La posizione assunta dagli eurodeputati si fonda sulla legislazione comunitaria circa la libertà di movimento dei lavoratori che non sarebbe applicata in modo corretto; in particolare una direttiva del 2004, che “prevede il diritto dei cittadini e dei loro familiari di risiedere liberamente in qualsiasi Stato membro”. La risoluzione (non legislativa) approvata sottolinea inoltre che le procedure attuali “per il riconoscimento delle qualifiche professionali rappresentato un ulteriore ostacolo alla mobilità dei lavoratori”. Del tema torneranno a occuparsi prossimamente le istituzioni comunitarie. (SIR Europa)