Roma: p. Lorenzo Prencipe interviene al Festival della letteratura di viaggio

Roma – Ieri si è aperto, nei giardini di Villa Celimontana a Roma,il quarto Festival della Letteratura di Viaggio (29 settembre – 2 ottobre 2011) che – in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia – ha come tema “Viaggio in Italia, Viaggi degli Italiani”. Partendo dalla categoria classica dell’itinerario di formazione del Grand Tour e dal viaggio dei grandi esploratori italiani, si arriva agli scrittori italiani di nuova generazione e a quelli figli di altre patrie, agli inviati speciali, alle grandi riviste che raccontano il mondo, ai viaggi televisivi, ai viaggi musicali, ai viaggi fatti per cooperare. Tra i primi eventi della manifestazione è stata scelta la Lectio magistralis: “Quando gli emigranti eravamo noi” affidata a p. Lorenzo Prencipe, coordinatore del Comitato scientifico del Museo nazionale dell’emigrazione italiana.

 
In un clima come quello italiano, e non solo, nel quale “è semplice trovare consensi legiferando contro i clandestini”, bisogna riconoscere, ha affermato padre Lorenzo Principe, che è “molto più complicato perseguire i trafficanti e le reti criminali coinvolte nel traffico di esseri umani. Questo valeva nel 1800 e vale ancora oggi nel 2011”. P. Prencipe – nel rileggere il fenomeno migratorio italiano, che è stato definito “il più grande esodo di un popolo della storia moderna” -, ha scelto di offrire soprattutto alcune chiavi di lettura, anche con lo sguardo rivolto ai nuovi movimenti migratori.
Ribadendo che senza il riconoscimento del ruolo svolto dall’emigrazione di oltre 29 milioni ci concittadini in 150 anni di vita unitaria, la storia d’Italia è incompleta e sbagliata, è stato ricordato che fare “memoria” di questa realtà non significa fossilizzare in alcune immagini, filmati di repertorio o oggetti antichi un’avventura considerata finita. Significa, invece, dotarsi di uno strumento che aiuti oggi a vivere positivamente le nuove sfide che le migrazioni continuano a riproporre. Si tratta, infatti, di offrire, soprattutto ai giovani, un’opportunità grazie alla quale passato, presente e futuro sono legati insieme da quel filo vitale rappresentato dalla memoria che non è mai solo “ricordo nostalgico di tempi andati”, ma sentirsi a casa anche tra persone di origini ed esperienze diverse.
In tale ottica, p. Prencipe ha sottolineato nella sua relazione che è essenziale non aver paura del passato e della sua “memoria”, che non è necessario creare miti fuorvianti per legittimare certi comportamenti xenofobi. In effetti, nei tradizionali (USA, Australia, Canada, Francia, Germania, Gran Bretagna) e nei nuovi (Italia, Spagna, Portogallo) paesi d’immigrazione si ritiene che “l’abisso culturale” tra alcuni paesi e culture di origine degli immigrati e l’occidente li rende intrinsecamente “inassimilabili”, perché sono “diversi” dai precedenti immigrati europei (Irlandesi, Polacchi, Tedeschi, Italiani, Spagnoli, Portoghesi) che si sarebbero invece facilmente integrati: è il mito della “facile integrazione” degli Italiani nel mondo.
In realtà, la storia non è mai semplice, lineare o automatica, perché in ogni momento e per ogni esperienza migratoria l’incontro, il confronto, la ricerca di punti comuni di coesione sono sempre costellati di difficoltà, ostacoli, reazioni violente, atti di razzismo oltre che di esperienze positive di convivenza e di mutuo arricchimento.
E’ questa la lezione della storia dell’emigrazione italiana che, se conosciuta e accettata, potrebbe aiutarci a gestire meglio gli odierni flussi migratori che interessano il nostro Paese, non più come luogo di origine, ma soprattutto come meta di destinazione di nuovi immigrati.