Roma – Gli stranieri minorenni denunciati all’autorità giudiziaria diminuiscono. Così come quelli che entrano nei Cpa (Centri di prima accoglienza), che sono passati dai 2303 del 1998 ai 924 del 2010. La flessione è corposa, pari al 60%, e fa sì che il numero totale degli ingressi nei Cpa, italiani compresi, cali. Tuttavia, nel computo totale degli accessi in queste strutture – che ospitano minorenni in stato di arresto, fermo o accompagnamento, fino all’udienza di convalida – i minori di nazionalità estera continuano a entrare in misura percentualmente maggiore degli italiani.
I dati sono emersi nel corso del convegno “Minori in giustizia; esperienze e proposte per il futuro”, svoltosi ieri a Roma per iniziativa del Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia e del Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza). “Smettiamola di dire, in modo strumentale, che sono soprattutto i minori stranieri a delinquere”, ha detto Liviana Marelli, coordinatrice dell’area infanzia, adolescenza e famiglia del Cnca, commentando le differenti percentuali negli anni. È vero che ci sono “ottime leggi”, ha evidenziato Marelli, ma “servono risorse per garantire il reinserimento sociale di chi delinque”.
In un momento di emergenza immigrazione sono soprattutto necessarie, secondo Marelli, le risorse per gli stranieri: “Perché mentre diminuisce l’ingresso dei minori stranieri nei Cpa, e quindi diminuiscono le denunce, gli stranieri, rispetto agli italiani, rimangono per più tempo nelle strutture detentive e accedono meno alle misure alternative perché manca una rete familiare e sociale dietro che li sostiene”. Occorrono, per questo, secondo il coordinatore del Cnca, più programmi di sostegno come il percorso della ‘messa alla prova’ e affidamenti familiari per stranieri non accompagnati perché “la carenza di risorse vuol dire una carenza di opportunità per tutti i minori e in particolare per quelli stranieri”. Alla giornata di studi romana hanno partecipato, tra gli altri, parlamentari, esperti, docenti, magistrati e il capo del Dipartimento della giustizia minorile, Bruno Brattoli, che, durante il convegno, ha sottolineato come il sistema del Dipartimento di giustizia minorile funzioni in modo eccellente per un concorso di funzioni e servizi svolti puntualmente. In particolare, il capo Dipartimento ha affermato che “la giustizia minorile è un’oasi felice in cui i magistrati sono rapidi nell’emettere le decisioni, c’è un’articolazione burocratica che funziona adeguatamente, così come la rete capillare di servizi. Abbiamo una legge che ha dato buona prova di sé, ma i problemi per noi potrebbero arrivare se non si comprende che bisogna fare investimenti nel sociale. Questo sistema che funziona bene, potrebbe finire nel futuro prossimo in grave difficoltà”.
Per il direttore generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari del Dipartimento di Giustizia minorile, Serenella Pesarin, “quello che manca è la verifica del risultato, manca cioè la prevenzione terziaria. Una volta che questi ragazzi escono dai circuiti vanno seguiti ancora”. (V. Salinaro – Avvenire)