Un convegno a Roma presso la Camera dei Deputati
Roma – In occasione del Forum internazionale, che si tiene oggi a Roma, dal titolo “Sulla ricerca e la cura del dolore. 150 anni dell’Unità d’Italia, Emigrazioni: dalle braccia ai cervelli”, mons. Giancarlo Perego, Direttore generale della Fondazione Migrantes, ha letto il glorioso anniversario del nostro paese in stretta connessione “a una storia di migrazioni”, come esordisce nelle prime battute del suo intervento.
“Dal 1861 ad oggi oltre 60 milioni di italiani, un’altra Italia, è stata costretta a lasciare la propria casa, la propria città per cercare lavoro, sicurezza, salute in un altro Paese del mondo”. Se nel 1861, continua mons. Perego, “gli emigranti sono poche migliaia”, rapidamente si giungerà a cifre pari ai “130/135.000 ogni anno negli anni ’70 e ’80 dell’Ottocento”.
In questa progressione si arriverà a toccare tra l’ultimo decennio dell’ ‘800 ed il primo decennio del ‘900 la media di 450.000 all’anno, fino agli oltre 800.000 negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale.
“L’emigrazione unisce l’Italia – ricorda il direttore generale di Migrantes – soprattutto l’Italia dei poveri braccianti agricoli, per lo più analfabeti”. Nel periodo tra le due guerre, l’emigrazione rallenterà per vari motivi, tra i quali la politica antiemigratoria fascista. Dopo il secondo conflitto mondiale tutto ricomincia fino agli anni ’80 con “due caratteristiche: una migrazione interna, dal sud verso il Nord Italia, con la nascita di quartieri periferici nelle grandi metropoli (Milano, Torino, Bologna, Brescia,Genova) con una situazione di degrado (chiamate ‘coree’); e una migrazione verso l’Europa, soprattutto di operai”, sottolinea mons. Perego.
Negli ultimi trent’anni l’emigrazione italiana, che continua con le partenze degli universitari e i professionisti, ha toccato i 5 milioni di persone nel 2010.
“Emigrazione e immigrazione sono due volti che si sono alternati in questi 150 anni della nostra storia italiana”, rileva mons. Perego. Entrambe “hanno insegnato e insegnano al nostro Paese il valore dell’accoglienza, della differenza, della qualità delle relazioni, del riconoscere in ognuno dignità e libertà, della cura. Le migrazioni hanno reso l’Italia più unita, anche più ecumenica e capace di dialogo, più aperta”. Per questo il Direttore ribadisce che “ogni forma di chiusura, di rifiuto, di disprezzo, di discriminazione tradisce l’unità d’Italia costruita in 150 anni da uomini diversi, diversi ma tutti appassionati: da vescovi come Bonomelli e Scalabrini, a santi religiosi come Vincenzo Pallotti e Giovanni Bosco, da religiose come Santa Francesca Cabrini a politici come i liberali Della Volpe, Jacini, i socialisti Bissolati e Ferri o il democristiano De Gasperi, ai professionisti italiani che hanno contribuito allo ‘sviluppo umano dei popoli’”. Una caratteristica comune a tutti, che mons. Perego lascia come monito, è stata “la consapevolezza che solo una democrazia costruita sull’egualitarismo e una cittadinanza diffusa, nel rispetto dei diritti e dei doveri, nella solidarietà proietta l’Italia nel futuro”.