L’immigrazione è il tema di quattro film italiani al Festival del Cinema di Venezia
Venezia – Tra i tanti film presentati in concorso e fuori concorso al Festival di Venezia un tema emerge con grande forza: quello dell’immigrazione. Il filo conduttore che sembra guidare, infatti, le pellicole, soprattutto italiane, presenti in Laguna è proprio quello del confronto/scontro con l’altro, il diverso che proviene da altri Paesi e che viene vissuto come minaccia, con paura, sospetto, diffidenza oppure con apertura, solidarietà, voglia di relazionarsi. Il cinema, dunque, si fa specchio perfetto di un problema che ogni giorno riempie le pagine della cronaca e dell’attualità dei nostri giornali e telegiornali: il cinema si fa interprete di un disagio ma al tempo stesso, grazie alla sua capacità di essere arte e quindi di poter reinventare la realtà e offrire soluzioni alternative, indica anche nuove possibili vie. “Terraferma” di Emanuele Crialese, “Cose dell’altro mondo” di Francesco Patierno, “L’arrivo di Wang” dei Manetti Bros e “Io sono Li” di Andrea Segre sono quattro film italiani proiettati al Festival che hanno per oggetto proprio il tema dell’immigrazione e le relative problematiche che questo porta con sé.
Con “Terraferma” Crialese torna a raccontare una storia sospesa tra realtà e sogno, tra immagini neorealiste (basti pensare che molti degli attori scelti sono non professionisti) e immagini oniriche, una vicenda ambientata in un’isola del mare nostrum in cui, insieme ad orde di turisti pronti alle vacanze, si affacciano di tanto in tanto barconi della disperazione che portano con sé uomini, donne e bambini alla ricerca di una nuova vita. Nel rigore della forma e dell’esecuzione, Crialese traduce in termini cinematografici le ferite dell’immigrazione e delle politiche migratorie, invertendo la rotta ma non il miraggio del transatlantico di “Nuovomondo” (dove si raccontava l’immigrazione italiana in America). Dentro i formati allungati e orizzontali, in cui si colloca il suo mare silenzioso, “Terraferma”trova la capacità poetica di rispondere alle grandi domande sul mondo.
“Cose dell’altro mondo”, invece, è una commedia grottesca in cui il regista Patierno immagina che, improvvisamente, in una cittadina del Nord Italia tutti gli immigrati scompaiano, dopo i violenti attacchi di un industriale che li invitava a tornare ai loro paesi, e racconta le tragicomiche conseguenze di un fatto come questo. La pellicola, dunque, affronta il discorso della necessità della presenza degli immigrati per la stessa sopravvivenza del trend di vita proprio di coloro che più ne contrastano la presenza e lo fa con i toni della commedia, dimostrandoci come spesso in più occasioni nella storia del cinema la commedia riesca a far arrivare a un vasto pubblico delle idee che il dramma o la riflessione ‘alta’ avrebbero costretto nella ristretta cerchia dei già convinti.
Ne “L’arrivo di Wang” i Manetti Bros raccontano, invece, all’interno di un film di genere di fantascienza, la metaforica storia di un alieno arrivato sulla terra, che parla solo cinese e che viene interrogato da un poliziotto sospettoso e un’interprete invece più disposta alla comunicazione. Nell’impianto ludico del genere, i due registi affrontano anche loro il tema sociale legato all’immigrazione e all’emarginazione, toccando qui pure quello etico riferibile alla diversità e al pregiudizio.
Temi che affronta anche Andrea Segre in “Io sono Li”, mettendo in scena la storia di un’immigrata cinese che da Roma viene mandata per lavoro in una cittadina veneta e si trova a dover fare i conti con la comunità della piccola cittadina in cui è andata a vivere. Tra sospetti, ostilità, pregiudizi, ma anche solidarietà e voglia di conoscersi e confrontarsi.
Quattro film italiani, dunque, che ci danno un caleidoscopio di immagini e storie su un tema così importante ed attuale come’è appunto quello dell’immigrazione.(P. Dalla Torre – SIR)