Un progetto a favore di bambini romeni, rom e sinti
Roma – Promuovere e supportare il diritto dei bambini e degli adolescenti a crescere nelle loro famiglie e a essere pienamente inseriti nelle comunità locali. È l’obiettivo del progetto italo-romeno “Pro Child”, realizzato con il contributo della Commissione europea, le cui aree di intervento sono Milano, Roma, Brasov e Ramnicu Vâlcea. Nei giorni scorsi il progetto è stato presentato a Roma, nella sede della Rappresentanza italiana della Commissione europea. Quattro le associazioni coinvolte: “Bambini in Romania”, “Spirit Romanesc Roma”, “Interculturando”, “Inima pentru nima”. Al centro”, i bambini e gli adolescenti romeni, rom e non, abbandonati o a rischio di abbandono o trascuratezza, in Romania e in Italia”.
“Nessuno può crescere solo”: con questo slogan parte una campagna di sensibilizzazione nella 4 città. Primo obiettivo è “accrescere la consapevolezza sui diritti e i bisogni dei minori a vivere in famiglia”. Previsti poi “interventi a favore dei ragazzi e delle loro famiglie, attività di informazione per contrastare l’intolleranza verso le famiglie immigrate, interventi di inclusione sociale”.
“In Romania – ha spiegato la coordinatrice del progetto, Antonella Lamorte – il problema riguarda soprattutto gli ‘orfani bianchi’, bambini abbandonati da genitori emigrati in cerca di lavoro (350 mila secondo l’Unicef), come pure i ragazzi negli orfanotrofi”.
“L’elevato numero di abbandoni è dovuto alla povertà, all’inadeguatezza dei genitori, alla convinzione che l’istituto possa fornire un’alternativa migliore alla famiglia”. Di qui la necessità di interventi di “prevenzione, sostegno, sensibilizzazione dei genitori sui diritti dei bambini”, “aiuto all’inserimento scolastico degli orfani”: hanno spiegato Lidia Dobre e don Gino Rigoldi, presidenti di “Inima pentru nima” e “Bambini in Romania”.
In Italia un quarto della popolazione di migranti è romena. La sensibilizzazione “sarà soprattutto contro l’intolleranza dilagate verso le famiglie e i bambini rom e non, spesso fondata su pregiudizi e stereotipi”. Secondo l’Unione europea, la comunità romena risulta la più discriminata nel Paese. A Milano e Brasov saranno formati giovani volontari col compito di sensibilizzare, soprattutto nelle scuole. A Roma e Vâlcea ci sarà il sostegno alle famiglie vulnerabili mediante la formazione di “mediatori sociali di comunità”.
“Nella capitale – spiega Dana Mihalache, presidente di ‘Spirit Romanesc Roma’ – saranno individuate 50 famiglie. I mediatori avranno il compito di contrastare l’abbandono o la trascuratezza dei bambini e organizzare workshop per sensibilizzare famiglie, cittadinanza e istituzioni”.
“I percorsi formativi vogliono porsi come momento di riflessione sui temi dell’infanzia e dei processi migratori, sia di acquisizione di strumenti per agire sul campo”, ha detto Nicola di Pirro, della cooperativa “Interculturando”.
“Molti pregiudizi e stereotipi verso gli immigrati romeni non sono suffragati delle statistiche”, ha spiegato Franco Pittau, del Dossier statistico Immigrazione di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes: tra il 2005 e il 2008, “le denunce dei romeni sono aumentate di un terzo, ma la popolazione è quasi triplicata. Significa che si tratta di un popolo virtuoso”.
“Stiamo facendo la guerra a un popolo di bambini” ha denunciato, d’altra parte, Marco Brazzoduro, docente alla “Sapienza” e studioso di popolazioni marginali, sottolineando “l’elevatissima percentuale di minori nelle comunità rom”: “i bambini sono costretti a vivere nei campi, ‘ghetti etnici’ istituzionali, gli sgomberi vengono fatti in piena violazione dei diritti dell’infanzia”. Lo studioso ha smentito poi lo stereotipo secondo cui i bambini rom sono sfruttati con la violenza dai genitori e costretti a chiedere l’elemosina. “Nella famiglia rom – ha spiegato – i figli sono oggetto di amore e protezione. Se i bambini chiedono l’elemosina è perché è l’unica fonte di sopravvivenza. Bisognerebbe aiutare le famiglie con l’assegnazione di lavoro e alloggi dignitosi, non privarle dei loro figli”. Carlo Stasolla, presidente dell'”Associazione 21 luglio”, ha affermato che “uno studio su un quarto dei tribunali per minori in Italia, ha riscontrato ben 258 casi di bambini rom tolti ai genitori. Nelle relazioni dei servizi sociali è emerso un pregiudizio che condiziona le autorità: l’essere un bambino rom viene associato ad azioni di maltrattamento”. (Sir Europa)