Prato – Le lezioni di catechismo nella comunità cattolica cinese di Prato cominciano la prossima settimana alla chiesa dell’Ascensione al Pino. «L’estate è l’unico momento in cui il lavoro rallenta – spiega il cappellano della comunità pratese, don Francesco Saverio Wang – e loro possono partecipare al catechismo». La comunità cinese è composta da 150 persone, perlopiù adulti. C’è anche qualche famiglia, ma si tratta perlopiù di lavoratori soli. Nella Chinatown toscana cadono le distinzioni tra i cattolici in comunione col Papa, osteggiati in Cina dal regime di Pechino, e quelli vicini alla «Associazione patriottica» controllata dal governo cinese.
Il senso religioso di questa piccola comunità è forte e culmina nella Messa pomeridiana della domenica celebrata in mandarino. Fuori, nel piazzale, c’è una costruzione, finanziata dall’otto per mille della Cei, che servirà a creare un centro culturale e ricreativo aperto anche agli italiani. Altro punto fermo della pastorale, la visita del cappellano in carcere e in ospedale ai fedeli. Finora la comunità si è arricchita del battesimo di undici adulti insieme a due matrimoni e quattro battesimi di bambini. Spesso è la carità a suscitare l’interesse di chi non crede. Chi si ammala lontano da casa in una comunità dove i ritmi di lavoro non lasciano spazio alle relazioni, viene infatti isolato e trova conforto solo da questa comunità.
«A Prato fanno una vita difficile – confida don Wang – molti della nostra comunità sono irregolari. Hanno pagato 18 mila dollari per arrivare in Europa. Vengono dati in prestito da forti organizzazioni, le quali obbligano a un lavoro controllato fino a quando non avranno restituito il tutto maggiorato da interessi da capogiro. Spesso si ha una sorta di schiavitù». Si tratta perlopiù di contadini che comunque nei laboratori guadagnano più che in Zhejiang nonostante siano spesso sfruttati. Arrivano a prendere anche 1.500 euro al mese. Di questa somma, buona parte riescono a mandarla a casa per aiutare i familiari e qui vivono nei laboratori limando al massimo le spese. Vietato ammalarsi, insomma. «E con questa crisi il lavoro è diminuito, alcuni mi hanno detto che torneranno a casa». Don Wang organizza anche momenti di animazione culturale, corsi di italiano e gite nelle città d’arte per avvicinare i fedeli alla lingua e alla cultura italiana. «Siamo chiusi? Purtroppo la barriera linguistica resta il principale ostacolo all’integrazione». Cosa stia a cuore a questa comunità lo si capisce dall’ultima preghiera per la Via Crucis delle Palme recitata in due lingue dal vescovo Simoni a Chinatown: per il lavoro, le vittime dello sfruttamento, l’impegno verso i più poveri, per gli ammalati e la pace. (P. Lambruschi)
Il senso religioso di questa piccola comunità è forte e culmina nella Messa pomeridiana della domenica celebrata in mandarino. Fuori, nel piazzale, c’è una costruzione, finanziata dall’otto per mille della Cei, che servirà a creare un centro culturale e ricreativo aperto anche agli italiani. Altro punto fermo della pastorale, la visita del cappellano in carcere e in ospedale ai fedeli. Finora la comunità si è arricchita del battesimo di undici adulti insieme a due matrimoni e quattro battesimi di bambini. Spesso è la carità a suscitare l’interesse di chi non crede. Chi si ammala lontano da casa in una comunità dove i ritmi di lavoro non lasciano spazio alle relazioni, viene infatti isolato e trova conforto solo da questa comunità.
«A Prato fanno una vita difficile – confida don Wang – molti della nostra comunità sono irregolari. Hanno pagato 18 mila dollari per arrivare in Europa. Vengono dati in prestito da forti organizzazioni, le quali obbligano a un lavoro controllato fino a quando non avranno restituito il tutto maggiorato da interessi da capogiro. Spesso si ha una sorta di schiavitù». Si tratta perlopiù di contadini che comunque nei laboratori guadagnano più che in Zhejiang nonostante siano spesso sfruttati. Arrivano a prendere anche 1.500 euro al mese. Di questa somma, buona parte riescono a mandarla a casa per aiutare i familiari e qui vivono nei laboratori limando al massimo le spese. Vietato ammalarsi, insomma. «E con questa crisi il lavoro è diminuito, alcuni mi hanno detto che torneranno a casa». Don Wang organizza anche momenti di animazione culturale, corsi di italiano e gite nelle città d’arte per avvicinare i fedeli alla lingua e alla cultura italiana. «Siamo chiusi? Purtroppo la barriera linguistica resta il principale ostacolo all’integrazione». Cosa stia a cuore a questa comunità lo si capisce dall’ultima preghiera per la Via Crucis delle Palme recitata in due lingue dal vescovo Simoni a Chinatown: per il lavoro, le vittime dello sfruttamento, l’impegno verso i più poveri, per gli ammalati e la pace. (P. Lambruschi)