Migrantes: Cie non tutelano le persone

Roma – “Allungare i tempi di trattenimento dei Cie, che non sono un luogo dove le persone vengono tutelate, significa esasperare maggiormente la situazione”. E’ il parere di mons. Giancarlo Perego, Direttore generale della Fondazione Migrantes, che commenta al SIR il decreto, approvato ieri dal governo, con cui si prolungano i tempi di trattenimento degli immigrati irregolari nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) da 6 a 18 mesi, in attuazione di una direttiva dell’Unione europea.

 
“Il problema vero non sono tanto i tempi quanto il luogo di trattenimento – precisa -. Sappiamo che i Cie sono un luogo di grande conflittualità, di violenza, di autolesionismo, perché la persona non è tutelata. Inoltre nei Cie non c’è nessun progetto, mancano percorsi che possano portare ad un discorso lavorativo, scolastico e di tutela più generale. E’ una forma di carcerazione che non aiuta assolutamente la promozione della persona”.
A questo punto, prosegue mons. Perego, “si pone il problema di una normativa europea più attenta ad una mobilità più ampia e differente rispetto a quanto considerato dalle leggi. Bisognerebbe rileggere questo strumento perché possa essere adattato alle migrazioni irregolari, ai tempi del rimpatrio, alla tutela delle persone che non hanno un titolo di soggiorno”.
In altri Paesi, fa notare, “i tempi sono inferiori, prima del pacchetto-sicurezza anche i nostri tempi erano inferiori ai sei mesi”. L’allungamento, a suo avviso, “è indice di incapacità politica di affrontare il problema delle migrazioni. Sono tempi morti che non garantiscono una risoluzione del caso. Bisognerebbe invece riflettere sui rimpatri assistiti, che l’UE ha molto sollecitato ma che l’Italia non ha ancora normato, insieme al tema della protezione umanitaria, alla protezione sussidiaria”.
Il 7 aprile del 2010, la CEMI (Commissione episcopale per le migrazioni) aveva voluto concludere il suo mandato quinquennale riunendosi per l’ultima seduta a Crotone, accogliendo l’invito di mons. Domenico Graziani, arcivescovo di Crotone e membro della Commissione, per visitare il CDA, il CARA e il CIE di Crotone. La visita soprattutto al CIE aveva riportato al centro dell’attenzione anche della Chiesa i volti e le storie di chi giunge in Italia, alla ricerca di un benessere, ma soprattutto in fuga da situazioni drammatiche di guerra, fame, sete, povertà, sfruttamento.
La visita al CIE aveva fatto emergere molti interrogativi su quale politica, ma anche quale azione culturale sui temi dell’accoglienza, dell’integrazione e dei rimpatri. Al tempo stesso, era ritornato l’interrogativo su quale ‘accompagnamento’ costruire, ai sensi della legge sull’immigrazione, per chi ritorna in patria, non ignorando le condizioni di partenza dal proprio Paese accanto alle condizioni di arrivo nel nostro Paese. Problematiche complesse, che – ricordavano i vescovi – chiedono da una parte la tutela dei diritti delle persone e dall’altra una procedura di protezione sempre più condivisa, alla luce dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, sul piano europeo.
Il Presidente di Migrantes, Mons. Bruno Schettino, il Presidente della Caritas Italiana, Mons. Giuseppe Merisi, i vescovi di Agrigento, di Rovigo, di Aderenza, di Porto S. Rufina, di Lamezia Terme e altri ancora più volte si sono interrogati, dopo la visita ai CIE, sull’utilità di tali strutture e soprattutto sulle non garanzie di tutela delle persone.