Roma – “Prolungare il trattenimento nei Cie è per noi assurdo. E’ un modo per esasperare ulteriormente le persone. Qual è il senso di queste iniziative, che mirano a mortificare la dignità delle persone?”.
E’ il commento al SIR di padre Giovanni La Manna, Presidente del Centro Astalli (il Centro dei gesuiti per i rifugiati con sede a Roma), a proposito del decreto, approvato dal governo, con cui si prolungano i tempi di trattenimento degli immigrati irregolari nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) da 6 a 18 mesi, in attuazione di una direttiva dell’Unione europea.
Secondo padre La Manna “è una giustificazione dire che si tratta dell’attuazione di una direttiva europea, perché sappiamo che ogni Stato ha la possibilità di migliorarle. A me sembra un ulteriore segnale per dire che non si vuole governare responsabilmente la situazione”. E racconta la sua esperienza: “Nei Cie si trovano anche persone che non hanno commesso reati. Noi ci andiamo una volta a settimana e le persone ci chiedono: perché non ci rimandate al nostro Paese? Perché dobbiamo essere trattenuti in un carcere?”. Anche perché, “pur essendo consentito l’uso del cellulare si è privati della libertà di uscire, non ci sono programmi di rieducazione come in carcere. Non c’è progettualità”.
“Le persone nei Cie vanno in sofferenza perché trattenute in una situazione indegna – denuncia padre La Manna -. Sono sotto gli occhi di tutti i disordini che avvengono: incendi, atti di vandalismo”. Allora, prosegue, “perché far deprimere ed esasperare le persone?”, si chiede il sacerdote: “Esistono degli strumenti per valutare, con dignità, se hanno diritto a rimanere in Italia, allora cerchiamo di far funzionare meglio questi sistemi”.