Una veglia di preghiera oggi per i morti in Mare
Roma – “E necessario vivere l’accoglienza. L’accoglienza è un dovere dell’Europa nei confronti di questi uomini e di queste donne e quindi chiediamo ai governi europei di fare tutto il possibile per soccorrere i barconi che si incontrano nel mare”.
E’ quanto ha detto questa sera mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, presiedendo nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, la veglia di preghiera per le vittime dei viaggi verso l’Europa, dal titolo “Morire di speranza” e promossa dalla Fondazione Migrantes, Comunità di Sant’Egidio, Centro Astalli, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Caritas e Acli.
“A tutti chiediamo di vivere la dimensione dell’accoglienza – ha detto il presidente del dicastero vaticano – sapendo che nell’accogliere non si perde mai nulla, ma si coglie un’occasione preziosa per ritrovare anche la nostra umanità. Nei piccoli centri e paesi dove sono ospitati i rifugiati, molti italiani hanno dimostrato – ha aggiunto – con i loro gesti, offrendo i vestiti e andando a trovare i profughi, come hanno fatto i cittadini di Lampedusa, che c’è più gioia nell’accoglienza che non nel chiudersi”.
Dal 1990 almeno 17.597 persone sono morte nel viaggio lungo le frontiere dell’Europa: 1820 morti in tutto il Mediterraneo, di cui 1633 in viaggio verso l’Italia nei primi cinque mesi di quest’anno. “Questi ultimi mesi – ha detto il presule – sono stati tragici per le morti in mare. Tra le imbarcazioni partite dalla Libia, alcune erano così mal ridotte che, appena fuori dalle acque territoriali libiche, già imbarcavano acqua. Alcuni di voi qui presenti hanno vissuto questa esperienza personalmente, per altri è stata l’esperienza tragica di familiari e amici, che oggi ricorderemo nella preghiera. Il rischio che tutti corriamo è quello di non porgerci più domande davanti alle immagini e alle storie di dolore e di sofferenza degli altri. Ci scopriamo a volte come assuefatti al dolore e alle immagini, e allora è il Vangelo che ci desta dal torpore e dalla tentazione di ‘cambiare canale’, e lo fa con una domanda precisa: ‘Chi è il mio prossimo?’”.
Ricordare queste persone – ha detto mons. Vegliò commentando le parole della Parabola del Buon Samaritano – “aiuta ciascuno di noi a non essere indifferente, a non passare oltre”. Da qui il ringraziamento ai promotori di questa preghiera che “non ci riuniscono solo per ricordare ma si attivano perché questa memoria diventi impegno, risvegli le coscienze” e porti ad “agire per il bene di tutti”.