Roma – Giovane appartenente al gruppo dei rom Rudari. Pur essendo cresciuto in un campo nomadi, ha studiato e testimonia la voglia di un futuro bello che hanno i giovani
Santo Padre,
sono molto contento ed emozionato di essere qui oggi con Lei e di prendere la parola!
Mi chiamo Carlo, ho 18 anni e sono un rom e un cittadino pienamente europeo: ho genitori venuti dalla Jugoslavia e sono nato e ho sempre vissuto a Roma.
Sono cresciuto in quelli che chiamano campi nomadi e non e’ stato semplice.
Quando sei un bambino che vive in un campo, a scuola non sei considerato come tutti gli altri. Quando cresci e cerchi un lavoro e nei documenti vedono nell’indirizzo “campo nomadi”, ti dicono no grazie.
Lo so ci sono dei rom che sbagliano, che si comportano male, ma la responsabilità e’ sempre personale e la colpa non e’ mai di un’etnia o di un popolo.
Noi rom, soprattutto giovani, pensiamo al futuro e sogniamo di poter studiare, lavorare, abitare in una casa, di avere dei documenti.
Sembrano cose banali e scontate, ma per troppi zingari non lo sono ancora.
Io sono nato a Roma, anche se purtroppo non sono ancora cittadino italiano, qui ho studiato, ho tanti amici, e qui sto cercando un lavoro, vorrei mettere su famiglia e vivere la mia vita.
Quando penso al futuro, penso a città e paesi dove ci sia posto anche per noi, a pieno titolo, come cittadini come tutti gli altri, non come un popolo da isolare e di cui avere paura.
Credo che tutti abbiamo la responsabilità di costruire questo futuro nuovo: rom e gage’ insieme!
Ringrazio la Chiesa che insegna a tutti a essere fratelli e sorelle e il Papa che oggi ci ha voluto qui con lui a San Pietro!
Grazie