Riconoscere i rom come fratelli e cittadini

Sabato prossimo l’udienza con Papa Benedetto XVI

Roma – L’udienza di Papa Benedetto VXI a una rappresentanza di rom, sinti, camminanti e altre minoranze e tradizioni di questo 28° popolo europeo di 12-15 milioni di persone è un segno importante per la Chiesa. L’incontro prepara la Pentecoste, la solennità in cui la Chiesa si ripensa universale, cattolica, dove tutti si debbono sentire a casa. Una consapevolezza presente nel Magistero da sempre. Pio XII ricordava che “a nessun membro del Corpo mistico di Cristo la Chiesa chiede quale sia il suo passaporto, prima di risolversi ad inserirlo nella vita della comunità e farli partecipi dei propri beni spirituali e del proprio affetto”. Paolo VI, che incontrò i rom a Pomezia nel settembre 1965, prima della chiusura del Concilio Vaticano II dove riprenderà l’icona del Buon Samaritano come sintesi della teologia e spiritualità conciliare, amava dire che“i migranti non dovranno sentirsi stranieri in nessun paese, in nessuna regione in cui c’è la Chiesa di Cristo, che vive ed opera, che celebra l’Eucaristia, mistero di carità e fonte d’unità: nell’Eucaristia tutti si sentono fratelli”. Giovanni Paolo II affermerà che “nella Chiesa nessuno è straniero, e la Chiesa non è straniera a nessun uomo e in nessun luogo”. Benedetto XVI si pone in questa tradizione cattolica, universale, consapevole che la Chiesa è chiamata ancora a mettersi sulla strada, incontrare i popoli e le persone, relazionarsi con tutti, con una preferenza per i poveri e gli ultimi. Non è la sua politica. E’ la sua missione. L’evangelizzazione chiede ai cristiani oggi di andare da Nazareth a Gerusalemme e fermarsi a incontrare ‘gli altri’. E tra gli altri davanti ai quali non passare oltre oggi ci sono i rom. A questa parola, al ‘mondo di mondi’ che essa richiama, spesso sono legate diffidenze, pregiudizi, violenze. Soprattutto non si conosce questo popolo. L’incontro del Papa con i rom ci ricorda che non si può costruire Chiesa, città senza di loro. La Chiesa sarebbe più povera senza la passione che fin dal ‘400 ha mosso questo popolo a diventare pellegrino a Roma, per incontrare il Papa. La Chiesa sarebbe più povera senza una fede semplice, fortemente mariana che ha sempre caratterizzato questo popolo. Il beato Zeffirino, il rom che nel 1936, durante la guerra civile spagnola, sarà fucilato e gettato in una fossa comune per difendere un prete offeso e il suo rosario, è il segno più bello nella Chiesa di questa fede e religiosità popolare. Anche la Città sarebbe più povera senza chi ci ricorda continuamente, ad alcuni angoli e nelle piazze, anche con insistenza, la necessità di condivisione. La Città sarebbe più povera senza un popolo che per metà è formato da bambini, e che ricorda come le chiusura, l’individualismo invecchia la nostra società e non offre un futuro.

 
Chiesa e Città ritrovano in questo incontro di Benedetto XVI un segno da leggere come un dono dello Spirito, perché i rom siano riconosciuti come fratelli, come cittadini.