“Ci emoziona salvare tante vite umane”

Parla il Comandante della Guardia Costiera di Lampedusa

Lampedusa – Sette motovedette, centocinque uomini e un carico di umanità che non si può misurare. È l’istantanea dell’ufficio circondariale della Capitaneria di Porto Guardia costiera di Lampedusa, affidata al Comando del Tenente di vascello Antonio Morana. I numeri non esauriscono la qualità del loro impegno, ma di certo non lo tradiscono e danno un senso di vertigine: “Abbiamo perso il conto delle operazioni – confessa Morana – ma da febbraio a oggi abbiamo fatto tra le 250 e le 300 operazioni in mare salvando all’incirca 20 mila persone a cui bisogna aggiungerne altre 13 mila della Guardia di Finanza”.

 
Un omaggio costante al motto che ti trovi subito sulla sinistra, appena entrato nella caserma: “In asperitate maris pro humanitate”, nelle difficoltà del mare per l’umanità. E l’umanità è anche nelle parole di chi ha la responsabilità di questi uomini che sfidano le onde per salvare quella porzione di mondo che, sfidando il destino nascosto nei deserti e nel mare, cerca in Italia e in Europa un futuro di dignità.
“Non mi sento un angelo e neppure i miei uomini. Sono uno che fa il proprio dovere come tutti gli equipaggi che escono in mare, ma certamente mi emoziona, ed emoziona gli altri militari che si trovano qui a Lampedusa, pensare che abbiamo contributo a salvare tante vite, spesso attraverso operazioni complesse fatte in alto mare e in condizioni difficili, per altri proibitive”.
E perché questo privilegio tocchi soprattutto alla Capitaneria di Porto è presto detto: “In certe condizioni di mare sono solo le nostre motovedette a poter uscire. La nostra forza si chiama Sar e, se si dovessero capovolgere tornano in asse, pronte a riprendere la sfida al mare”.
A Lampedusa sono 4 le unità Sar, accanto a queste nel molo della Capitaneria sono attraccate altre tre motovedette, una “classe 200”, una “classe 500” e una “classe 2000”. Il valore aggiunto, però, sono gli equipaggi: sette uomini per ciascuna unità navale e, da un mese a questa parte, il nucleo dei sommozzatori della Capitaneria, due per equipaggio. “Sono i primi a salire sulle barche dei migranti, se qualcuno cade in mare durante i trasbordi il loro compito è salvarlo e, tanto per fare un esempio, sono stati loro il primo anello della catena umana che si è formata una settimana fa, per salvare le persone giunte sul barcone incagliato negli scogli all’ingresso del porto”. (N. Arena – Ufficio Migrantes Messina)