Card. Bagnasco: una prova di altruismo per accogliere gli stranieri che giungono sulle nostre coste

Aperta oggi pomeriggio la 63ma Assemblea generale della Cei

Città del Vaticano – L’Italia con la sua esposizione geografica, si è trovata e rimane “in prima linea” sul fronte degli aiuti e soprattutto della prima accoglienza per gli sfollati, i profughi e i richiedenti asilo che giungono sulle coste italiane, “le quali sono ad un tempo il confine sud dell’Europa”.

E’ quanto ha affermato oggi pomeriggio il presidente della Conferenza Episcopale Italiana aprendo i lavori della 63ma Assemblea Generale della Cei.

“Va da sé che se non avanza un più maturo senso di condivisione circa le responsabilità comuni, si aprono nel processo di integrazione falle di difficile rimedio”, ha detto il porporato parlando dei recenti avvenimenti in Libia e in altri paesi e degli stranieri arrivati sulle nostre coste: “ovvio che i cittadini d’Europa sinceramente comunitari vogliano a questo punto capire perché per i missili c’erano soldi e intesa politica, mentre per i profughi non ci sono i primi ed è inesistente la seconda. Quando è di ogni evidenza ormai la necessità di individuare una ‘via africana’ verso il futuro, che dia speranza a quei giovani ma coinvolga significativamente anche i popoli dell’Occidente”.

Per il presidente dei vescovi italiani “non tutto − bisogna dirlo − ha prontamente funzionato nei dispositivi di accoglienza messi in campo dalle autorità italiane, come non sono mancati i momenti di incertezza, o di esitazione nel mantenere gli impegni già presi. In generale – ha poi aggiunto – però il Paese non può non essere fiero di quel che infine gli è riuscito complessivamente di offrire, a cominciare dalla gente di Lampedusa che, pur stressata da mesi di tensione e pur preoccupata per la prossima stagione turistica, ha saputo dar prova di un altruismo eroico, portando in salvo i naufraghi dell’ennesima imbarcazione incagliata nelle rocce”.

Il card. Bagnasco ha compiuto, proprio a Lampedusa, una visita la scorsa settimana come “segno di vicinanza – ha spiegato – di noi Vescovi al Pastore di quella Chiesa, mons. Francesco Montenegro, e voleva avere il senso dell’ammirata solidarietà e della concreta amicizia da parte dell’intera comunità ecclesiale a quell’avamposto d’Italia che così bene sa interpretare il valore dell’accoglienza nonostante tutto, nonostante tante condizioni avverse: sia di esempio e di efficace stimolo per l’intera comunità nazionale”.

“Questo il Santo Padre – ha concluso il presidente – ha chiesto a noi e a tutti di fare, senza la paura per il diverso e lo straniero, giacché è proprio ciò che viene messo in campo che contribuisce al riconoscerci fratelli”.