“Una comunità viva avamposto della Chiesa Italiana”

Il saluto del vescovo di Agrigento, mons. Montenegro

Lampedusa – All’inizio della concelebrazione eucaristica mons. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, ha preso la parola per porgere il saluto della comunità lampedusana e della diocesi agrigentina al Card. Angelo Bagnasco, Presidente della CEI.

 
Questo il testo:
 
Eminenza reverendissima,
a nome mio personale, a nome di questa comunità di Lampedusa e dei suoi sacerdoti p. Stefano, p. Vincent e dei due diaconi Giovanni e Dario, a nome della comunità di Linosa e del suo parroco p. Ignazio, a nome di tutta la chiesa agrigentina Le porgo il più affettuoso benvenuto unito ad un sincero “Grazie” per essere oggi qui con noi a presiedere la Celebrazione Eucaristica e condividere momenti di amicizia nella conoscenza diretta di questa meravigliosa isola.
In Lei vediamo e salutiamo i Vescovi italiani e tutte quelle espressioni ecclesiali di cui abbiamo sperimentato la vicinanza in questi mesi: le parrocchie, i gruppi, movimenti e associazioni, i religiosi e le religiose, le associazioni di volontariato, i tanti cristiani che si sono messi a disposizione per portare qui a Lampedusa un po’ di quell’amore che Dio ci ha regalato. Se ci siamo sentiti molto provati per l’esperienza di dolore e di disagio che ci è arrivata e che continua ad arrivare dal Nord Africa, abbiamo potuto anche sperimentare a piene mani la generosità di tanti che hanno regalato il loro tempo e il loro cuore affinché l’emergenza fosse affrontata con speranza cristiana.
A salutarLa oggi, è una comunità viva che si è sentita e si sente avamposto della chiesa italiana. Collocata nel cuore del Mediterraneo, porta naturale di accesso e di scambio con i popoli africani, quest’isola non si è mai sottratta al delicato compito che le è stato affidato. Sin da quando è stata abitata questa gente ha dovuto fare i conti con la presenza di persone che arrivavano da un continente, quello africano, che è più vicino geograficamente di quello europeo. E prima ancora che giungessero i riflettori e le riflessioni sull’integrazione e sull’accoglienza questo popolo si è distinto per aver aperto la porta del cuore e della città a tutti, soprattutto a coloro che cercavano un approdo di dignità. Le persone più anziane raccontano di uno stile di accoglienza che si è sempre consumato con le note evangeliche del silenzio e del nascondimento.
Per queste ragioni del passato e per l’atteggiamento mantenuto al presente Lampedusa è un frammento di chiesa italiana che si sforza di rendere visibile la testimonianza di carità. Quella che umanamente poteva essere letta come una emergenza umanitaria spiritualmente è stata vissuta come opportunità per “rendere ragione della speranza che è in noi”. È vero, ci sono state settimane difficili e anche lo scenario che si va configurando giorno dopo giorno non è fra i più rassicuranti ma qui c’è una porzione di chiesa italiana che, con grande fatica e con non pochi sacrifici, cerca di rendere visibile e credibile il primo e più importante dei comandamenti: quello dell’amore. Lampedusa oggi è una comunità che chiede aiuto: l’aiuto della preghiera per essere forte nella tribolazione; l’aiuto e il sostegno dell’amicizia per non sentirsi sola; l’aiuto e l’appello ai responsabili della cosa pubblica affinché si faccia tutto ciò che è possibile per coniugare il diritto all’accoglienza e le esigenze vitali di una piccola comunità che si regge su attività produttive – in primis la pesca e il turismo – che sono fortemente minacciate dagli sconvolgimenti degli ultimi mesi. Ma Lampedusa è anche comunità che vuole dare aiuto. Che vuole sostenere i tanti fratelli che arrivano dal continente africano e che qui trovano non solo un lembo di terra ma un cuore di famiglia. Lampedusa vuole aiutare anche la chiesa italiana affinché si manifesti in modo più evidente che il presente e il futuro del suo essere si chiama dialogo interreligioso e accoglienza all’altro. Lampedusa vuole spronarci a cogliere nel fenomeno immigratorio un segno dei tempi da leggere e da interpretare profeticamente e rispetto al quale attrezzarsi nel migliore dei modi.
Ecco perché la Sua presenza oggi è piena di significato e di speranza. Lo scorso 27 aprile il santo Padre, ricevendoci in Piazza S. Pietro a conclusione dell’udienza generale, ci ha incoraggiati ad andare avanti e ci ha assicurato la sua preghiera. Adesso Lei, Eminenza Reverendissima, ci fa dono di questa visita che apprezziamo profeticamente e di cui Le siamo ancora grati.
Siamo lieti per questa esperienza di Chiesa che nel momento della difficoltà e della prova si rende presente e innalza a Dio la preghiera per chiedere i doni della sapienza e della forza. La Vergine Santissima di Porto Salvo renda sempre viva la nostra fede attraverso un “eccomi” a Dio e all’uomo che ogni giorno si dona e si rinnova.
Francesco Mons. Montenegro
Arcivescovo di Agrigento