Il pane dei fragili

In margine al Seminario di Fermo ci inizia domani

Fermo – “L’esperienza della fragilità umana si manifesta in tanti modi e in tutte le età, ed è essa stessa, in certo modo, una ‘scuola’ da cui imparare, in quanto mette a nudo i limiti di ciascuno”. E’ un passaggio degli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 dei Vescovi italiani, al n. 54.

 
A Fermo, il 17 e il 18 maggio, l’Ufficio CEI della pastorale della salute, insieme alle tre Fondazioni Migrantes, Caritas e Missio, vogliono andare a questa ‘scuola’ della fragilità, per imparare a vivere nella città di oggi. Le fragilità di oggi sono legate ai luoghi classici della povertà economica (mancanza o perdita del lavoro, della casa, del reddito…), ma anche ai nuovi luoghi della precarietà, della mobilità, della perdita della salute che caratterizzano i tempi e gli spazi della crisi e della globalizzazione. E la città che cambia, la città e le aree metropolitane dove vivono 10 milioni di persone in Italia, fatica e soffre per queste nuove situazioni che rischiano di riaprire luoghi e spazi di esclusione sociale , dopo anni di percorsi sociali e culturali di inclusione e integrazione che hanno caratterizzato la democrazia italiana. La città fragile genera anche paura: paura della morte in solitudine, paura della sofferenza, paura dei nuovi, degli immigrati che in vent’anni da 300.000 hanno superato i 5 milioni di persone. La fragilità chiede una nuova cultura e struttura sociale. Chiede una cultura dell’accoglienza e del rispetto della diversità; invoca una cultura sociale dei diritti e dei doveri , da insegnare anche a scuola, chiede una riorganizzazione dei servizi, ma anche nuove storie di gratuità; ricerca nuove cure. L’Eucaristia, nella sua struttura, ‘sana’, ‘cura’, ‘accoglie’, ‘offre’. Le parole eucaristiche diventano un principio nuovo di vita sociale, un luogo di ‘formazione’ alla vita buona del Vangelo. L’Eucaristia, poi, ‘pane del cammino’ diventa anche un segno importante dove poter riconoscere nelle persone che provengono da 198 nazionalità diverse il Signore che cammina con noi – come nel racconto dei discepoli di Emmaus. La diversità delle 140 lingue parlate dagli immigrati in Italia diventano una sola lingua, un solo canto, una sola preghiera nell’eucaristia domenicale. Il Padre nostro eucaristico diventa il luogo dell’unità e della fraternità, dove superare la paura dell’altro che ritroviamo ancora in 6 italiani su 10, anche nei fedeli che partecipano alle nostre assemblee eucaristiche. Fermo diventa, pertanto, una tappa importante da una parte per continuare un cammino decennale di educazione alla carità e alla diversità, alla cittadinanza e alla cura, e dall’altra una sosta per prepararci al Congresso eucaristico di Ancona. Fermo è la città simbolo dove ancora una volta i cristiani saranno sollecitati alla spiritualità del Buon Samaritano, che – come recita il prefazio – “viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”.