“Spes contra spem”

Il Mediterraneo degli immigrati e di La Pira

Lampedusa – Trascrivo dalla prima pagina del “Corriere della Sera” di lunedì 9 maggio: “Un barcone con più di 500 migranti si è incagliato nella notte tra gli scogli vicino al porto di Lampedusa. Tra loro molte donne incinte e bambini. I soccorritori si sono gettati in mare: finanzieri, uomini della Guardia Costiera, carabinieri, poliziotti e volontari hanno così formato una catena umana per salvarli”.

 
Nelle pagine interne flash stupendi dei tanti lampedusani che ancora una volta sono accorsi per “accogliere” e confortare. La riconoscenza degli scampati che si sono sentiti considerati non come bestie da mercato ma nella loro dignità di uomini.
Bene ha fatto il quotidiano “Avvenire” a proporre, tempo fa, Lampedusa per il Nobel della pace!
Ancora una volta una tragedia sfiorata, all’indomani di tante altre precipitate negli abissi del Mediterraneo. Ancora una volta la testimonianza di un’Italia solidale con questa gente disperata che si mette in mare, con tanti rischi, pur di sottrarsi a un futuro senza speranza.
Tralasciamo per un momento i pur necessari ragionamenti che parlano di sicurezza, di far fronte alle ondate dei profughi nel rispetto delle leggi, di una politica estera che arranca nel mettere pezze ai buchi che drammaticamente si moltiplicano.
La testimonianza di solidarietà, gratuità senza calcoli, forse ben presto dimenticata, s’impone a tutto il Paese e, stigmatizzando i ritardi dell’Unione europea, ci richiama all’atteggiamento giusto e vero che dobbiamo assumere, responsabilmente, di fronte a queste migrazioni che la guerra e le rivoluzioni nel Nord Africa e nel Medio Oriente rendono, ogni giorno, sempre più incalzanti.
Accoglienza nel rispetto delle leggi, ma accoglienza!
Stiamo scontando i colpevoli ritardi che hanno segnato – nel segno del “colonialismo” – il rapporto dell’Europa, dell’Italia nei confronti di questi popoli. Di fronte alla disintegrazione dell’Impero turco che per secoli era stato sovrano di quelle terre, già all’indomani della prima guerra mondiale, le potenze europee in nome del prestigio nazionale, allungando lo sguardo verso i possedimenti in Asia, più facilmente raggiungibili attraversando il canale di Suez e ancor più mirando alle risorse strategiche che scaturiscono dai pozzi petrolieri, pur sotto l’ipocrita giustificazione sottoscritta dalla Lega delle Nazioni, s’imposero con una politica coloniale che ben presto avrebbe (da subito!) mostrato la corda. Non riconoscendo, nel frattempo sempre più acceso, il “Risorgimento” che animava i popoli arabi, il mondo dell’Islam.
La seconda “guerra civile” europea, dilatatasi ben presto a tutti gli altri continenti, le speranze del movimento sionista di creare in Palestina un “focolare” per il popolo ebreo che avrebbe poi conosciuto la tragedia della Shoah, hanno reso la situazione ancor più incandescente, a fronte dell’incalzare di quei movimenti (in primis, già a metà degli anni Venti, i Fratelli musulmani in Egitto) che rivendicavano dignità e indipendenza richiamandosi alle sorgenti dell’Islam, fino a esplodere nel fondamentalismo terroristico che progetta la restaurazione del califfato che dovrebbe sottomettere alla sovranità di Allah, interpretata in maniera radicale, tutti i popoli dell’Islam e le terre da loro conquistate e abitate.
Ai meno giovani, forse, tornano in mente i colloqui convocati a Firenze, agli inizi degli anni Cinquanta, dal sindaco Giorgio La Pira: “Per fare delle Nazioni, nel rispetto dei loro inconfondibili caratteri, un’unica famiglia umana, in modo da assicurare a tutti la gioia del lavoro, della casa, della fraterna assistenza e della ricchezza culturale, spirituale e religiosa”. Parteciparono uomini e donne i cui Paesi erano in guerra tra di loro, sotto il peso del colonialismo o in mano (fino ai nostri giorni) a dittature corrotte con il complice e interessato consenso delle potenze occidentali.
Il Mediterraneo era chiamato alle sue originali responsabilità e l’Italia alla sua missione storica. Invece! “Spes contra spem”, come il patriarca Abramo, cui si richiamano ebrei, cristiani e musulmani, per un dialogo faticoso (che può conoscere anche delusioni), ma necessario.
Sono riflessioni che forse sono lette con disprezzo da chi non sa guardare oltre il cortile di casa… Ma quali le loro prospettive? Le comunità cristiane, pur perseguitate dal fondamentalismo islamico, rimangono fedeli e operose per intrecciare i cammini che conducono alla pace. Fu così dagli inizi, quando gli Apostoli mossero i primi passi da Gerusalemme. (Piero Altieri – Sir)