Emmaus: vincere la paura dell’altro e tendere all’unità

Ieri nelle nostre comunità abbiamo riletto e meditato il racconto dei discepoli di Emmaus che camminano con un ‘forestiero’, che poi scoprono essere il Gesù risorto, che illumina le loro menti. Da Venezia e Roma due autorevoli voci, papa Benedetto XVI mons. Crociata hanno rivolto un invito a scegli

Roma – Domenica le nostre comunità parrocchiali hanno riletto e meditato il racconto dei discepoli di Emmaus. Alla scuola del Gesù risorto, il forestiero, che illumina le menti dei discepoli e dona il pane di vita, da due città diverse, con una ricca storia di incontro e dialogo interculturale e interreligioso, Venezia e Roma, da due autorevoli voci, il S. Padre e il Segretario della CEI, è arrivato un invito forte e deciso a scegliere ancora la relazione, l’incontro: a vincere la paura dell’altro, dell’immigrato in particolare, di chi ha una storia sociale e culturale differente.
Benedetto XVI, a Mestre, davanti a 300.000 fedeli, durante la messa presso il Parco San Giuliano in occasione della visita pastorale ad Aquileia e Venezia, nell’omelia ha ricordato che “il problema del male, del dolore e della sofferenza, il problema dell’ingiustizia e della sopraffazione, la paura degli altri, degli estranei e dei lontani che giungono nelle nostre terre e sembrano attentare a ciò che noi siamo, portano i cristiani di oggi a dire con tristezza: noi speravamo che il Signore ci liberasse dal male, dal dolore, dalla sofferenza, dalla paura, dall’ingiustizia…”. E ha aggiunto:” Proprio il fenomeno dell’immigrazione, ha aggiunto, richiede che “le Chiese generate da Aquileia rinsaldino quell’antica unità spirituale…Attorno ad Aquileia, si ritrovano uniti popoli di lingue e culture diverse, fatti convergere non solo da esigenze politiche ma, soprattutto, dalla fede in Cristo e dalla civiltà ispirata dall’insegnamento evangelico, la civiltà dell’amore“. Mons. Crociata, a Roma, nella basilica di S. Giovanni Laterano stracolma di persone almeno di 60 nazionalità diverse, riunite per l’ormai ventennale Festa dei popoli, si è rivolto a loro nell’omelia ricordando che “nella varietà delle razze, delle culture, delle lingue ci mostrate la bellezza, la ricchezza e l’unità della Chiesa”. Ha poi continuato il Segretario ricordando che “nell’Eucaristia …i contrasti si allentano, le diversità si riconciliano senza cancellarsi, si realizza l’unità dei cuori”. E ha concluso che dalla partecipazione all’Eucaristia “noi cattolici abbiamo un vantaggio enorme, e pertanto anche una responsabilità maggiore, a mostrare che è possibile tendere all’integrazione e all’unità. Non si tratta di cancellare o perdere, e tantomeno di rinnegare la propria cultura e la propria storia; si tratta di accogliere le condizioni per inserirsi nel nostro Paese nel rispetto della sua cultura, dei suoi valori, delle sue leggi”, imparando a conoscersi e a valorizzarsi a vicenda, in una convivenza ordinata. Alla scuola di Emmaus, i cristiani imparano a dire “resta con noi” al popolo di persone che da strade, porti diversi arrivano tra noi, rifiutando ogni forma di “vattene”, di rifiuto, talora alimentato da pregiudizi ideologici, che rischierebbe di non farci scoprire il volto di Cristo nel volto del povero, oggi straniero che giunge, come nei giorni scorsi, sulle coste della Calabria, proveniente dall’India e dal Pakistan, e sulle coste di Lampedusa, diventato simbolo europeo di un incontro nuovo da costruire, proveniente da drammatiche situazioni del continente africano, che durano da anni, e che spesso si finge di dimenticare o si rimuovono. Emmaus ci ha ricordato l’impegno storico di un’Eucarestia che non può che rileggere la vita, la fame e le fami di questo mondo, sapendo – come ricordava Padre Pedro Arrupe (1907-1991) – che “la fame di pane nel mondo sarà saziata solo quando l’uomo imparerà a vivere non esclusivamente per sé, ma anche per gli altri, come ha fatto Cristo. Sarà saziata solo quando la legge interiore dellamore, e non semplicemente linteresse personale, la cupidigia e l’ambizione, governerà la nostra esistenza individuale e collettiva, ispirerà la nostra politica e regolerà le nostre strutture e istituzioni sociali. La fame di pane nel mondo sarà saziata solo quando l’uomo imparerà ad aver fame di Dio: del suo amore e della sua giustizia”. ( G. Perego – Direttore generale Migrantes)