Da 20 anni al servizio della comunità immigrata

L’esperienza della parrocchia di S. Maria Calchera di Brescia

Brescia – L’immigrazione è ormai da diversi anni una realtà che coinvolge il nostro paese in modo sempre più pressante, ponendoci di fronte a problematiche sociali e culturali complesse che, ormai dovrebbe essere evidente a tutti, non sono facilmente affrontabili con semplicistici slogan né tanto meno eludibili con “chiusure” tanto assurde quanto inefficaci.

 
La realtà ecclesiale è stata da subito in prima linea nel proporsi per una “governabilità” del fenomeno, con soluzioni non banali; forte, in questo frangente, anche di una ormai matura tradizione storica che ha elaborato e consolidato sul campo la propria concreta e plurisecolare azione a sostegno di migliaia e migliaia di migranti.
Negli ultimi tempi, per rimanere nella nostra realtà bresciana, si è fatta (se possibile) ancora più puntuale e stimolante l’azione di magistero del vescovo Monari, che nella sua ultima Lettera ha sviscerato con estrema lucidità gli aspetti di questo particolare problema, richiamando ogni singolo cristiano ad un concreto impegno di accoglienza e convivenza civile, secondo i dettami del più puro spirito evangelico. Proprio in quest’ottica è più che giusto segnalare, fra le molteplici realtà delle nostre comunità ecclesiali, il caso della parrocchia di S. Maria Calchera, che da più di vent’anni (per l’esattezza, dal febbraio 1991) versa mensilmente il suo contributo al Centro Migranti fondato da Padre Mario Toffari (direttore della Ufficio Migrantes) nell’aprile del 1981. Tutto merito dell’allora parroco, don Giuseppe Ansoldi, e soprattutto della collaboratrice Maria Teresa Allegri, che ha coagulato attorno a sé uno “zoccolo duro” di fedelissimi parrocchiani, originariamente a sostegno dell’iniziativa diocesana “Un pasto caldo per gli immigrati”: “Nel Vangelo di Matteo Gesù dice ‘Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dissetato, ero straniero e mi avete accolto’. Ecco, a queste semplici parole ci siamo sempre ispirati, cercando di dare il nostro piccolo concreto contributo”. Con piglio commosso narra del costante tenace e spontaneo impegno di tante persone che hanno interiorizzato questo insegnamento evangelico, riuscendo a conservarlo e a tramandarlo anche nelle mutate situazioni culturali e sociali che, purtroppo, vedono sempre più prevalere l’individualismo e l’indifferenza, quando non addirittura un’aperta ostilità: “Siamo consapevoli che la nostra è una goccia in un mare, ma credo che unita a tanti altri piccoli rivoli possa contribuire ad ingrossare il flusso di solidarietà umana che la nostra coscienza cristiana ci fa
sentire come inderogabile esigenza”. (La Voce del Popolo)