“Trovare dappertutto nella Chiesa la loro patria”

Giovanni Paolo II, i migranti, i rifugiati e i rom

Roma – E’ difficile in poche righe raccogliere e sviluppare il magistero di Papa Giovanni Paolo II sui migranti, rifugiati e i rom, tre volti contemporanei di esclusione e di povertà nelle nostre città, dal 16 ottobre 1978 al 2 aprile 2005, in un lungo periodo di quasi 27 anni di Pontificato.

 
Possiamo raccogliere solo alcune briciole di un Magistero, dove le parole più importanti risultano essere: accoglienza, tutela della dignità di ogni persona nel lavoro, nella famiglia, rispetto, integrazione. Nella visita a Canale d’Agordo e nella diocesi di Belluno, il 26 agosto 1979, la terra di Albino Luciani, suo predecessore, Giovanni Paolo II ricordò come quella terra, dopo la prima guerra mondiale fu “una terra di perdurante e sempre triste necessità dell’emigrazione, sia essa permanente o stagionale”. Nel suo primo discorso all’ONU, il 2 ottobre 1979, ricordò tra i diritti fondamentali della persona, “il diritto alla libertà di movimento e alla migrazione interna ed esterna”. Nella sua prima enciclica, la Laborem exercens, nel novantesimo della pubblicazione della rerum Novarum di Leone XIII (1981), Giovanni Paolo II ribadirà, al n. 23, come “l’uomo ha il diritto di lasciare il proprio paese d’origine per vari motivi – come anche di ritornarvi – e di cercare migliori condizioni di vita in un altro Paese”. Così pure il Papa nella stessa enciclica sottolineerà che “Nel rapporto di lavoro con il lavoratore immigrato devono valere gli stessi criteri che valgono per ogni altro lavoratore in quella società. Il valore del lavoro deve essere misurato con lo stesso metro, e non con riguardo alla diversa nazionalità, religione o razza”. Sempre nel 1981, nell’esortazione apostolica Familiaris consortio, il Papa sottolinea il necessario impegno che si deve dare a diverse categorie “di famiglie di migranti per motivi di lavoro; di famiglie di quanti sono costretti a lunghe assenze, quali ad esempio i militari, i naviganti, gli itineranti d’ogni tipo; delle famiglie dei carcerati, dei profughi e degli esiliati” (n.77). E concludeva: “Le famiglie dei migranti…devono poter trovare dappertutto, nella Chiesa la loro patria. E’ questo un compito connaturale alla Chiesa, essendo segno di unità nella diversità”. Tutela del lavoro e tutela della famiglia dei migranti saranno due temi ripresi spesso nei Messaggi delle Giornate mondiali per il migrante e il rifugiato. Tra i tanti Messaggi per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, ricordiamo quello del 1985, dove Giovanni Paolo II riprende il tema della Chiesa patria dei migranti, quando scrive che “A tutti coloro che, per qualsiasi motivo, si trovino a dimorare fuori della patria e della propria comunità etnica, le Chiese particolari sanno di dover dare la debita considerazione per la loro integrazione ecclesiale, nel rispetto dell’esercizio del diritto di libertà (G.S. 58)”. Una cura per i migranti, una accoglienza aperta, soprattutto per i più disperati, che è molto presente nell’omelia della beatificazione del vescovo Giovanni Battista Scalabrini (1997) e nei discorsi e nel messaggio del Giubileo del 2000.
Anche ai rom Giovanni Paolo II ha dedicato attenzione nel suo magistero. Quando visitò, il 7 giugno 1979, il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, Giovanni Paolo II s’inginocchiò davanti alle lapidi e disse: “Mi inginocchio davanti a tutte le lapidi che si susseguono e sulle quali è incisa la commemorazione delle vittime di Oswiwcim nelle seguenti lingue: polacco, inglese, bulgaro, zingaro, ceco, danese, francese, greco, ebraico, yddish, spagnolo, fiammingo, serbo-croato, tedesco, norvegese, russo, rumeno, ungherese e italiano”, quasi a ricordare e riconoscere i popoli d’Europa. Nel suo primo incontro con un gruppo di rom il 16 settembre 1980 disse: “Paolo VI era molto aperto per incontrare e ispirare questa missione della Chiesa tra le vostre comunità. Voglio dirvi, come suo successore, che anch’io voglio continuare quella stessa paterna sollecitudine”.
Chiudiamo con un passaggio di grande attualità nel discorso pronunciato da Giovanni Paolo II per la beatificazione di Zefirino Gimenez Malla, primo zingaro salito agli onori degli altari: “E’ necessario che si superino antichi pregiudizi, che vi hanno portato a soffrire forme di discriminazione e di rifiuto, che talvolta conducono ad una inaccettabile emarginazione del popolo zingaro”. Una parola che non passa, di grande attualità.