Accoglienza e integrazione, le nuove sfide

L’editoriale di p. Luciano Segafredo su il “Messaggero di Sant’Antonio”

Padova – Sullo sfondo dei drammatici eventi che hanno coinvolto Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, e che rendono l’attuale momento storico un tempo di difficili confronti sociali e politici, cresce in tutti la consapevolezza di essere chiamati a intravedere nuove prospettive di futuro per le popolazioni di questi Paesi. Abbiamo visto folle scendere in piazza per chiedere una gestione più democratica del potere e il rispetto dei più fondamentali diritti umani. Dopo le proteste minacciose avvenute in Algeria e in Iran e il rovesciamento del regime in Egitto e in Tunisia, sanguinosi scontri sono scoppiati in Siria, Yemen, Bahrein. Per la Libia, dove è in atto una vera e propria guerra civile, è stato necessario un accordo tra i Paesi Occidentali per proteggere la vita degli insorti.

 
Ma c’è spazio per sperare un futuro di questi Paesi che non ripeta l’esperienza delle guerre in Iraq e in Afganistan? Dopo la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU e l’assunzione da parte della Nato del comando di tutte le operazioni militari, le nazioni europee si sono mostrate in tutta la loro debolezza. In talune decisioni sono apparse addirittura divise da evidenti interessi economici. Di fronte ad aneliti di libertà e di democrazia, le speranze di pace tra le parti coinvolte rimangono ancora incerte, ridotte al silenzio da operazioni militari che non lasciano spazio a segnali di riconciliazione.
E l’Italia? In questo contesto si presenta come una nazione in difficoltà per i massicci arrivi di immigrati dal Nord Africa. Per raggiungere le coste italiane, queste persone attraversano il Mediterraneo su vecchi barconi, rischiando la vita sorretti solo dall’illusione di trovare la terra dei sogni. Il più delle volte si tratta di giovani istruiti ma umiliati dall’incapacità dei loro governi di risolvere i gravi problemi interni assicurando loro così un futuro.
Per l’Italia e gli altri Paesi del Mediterraneo, la posta in gioco è alta: non si tratta solo di accogliere i profughi e respingere i clandestini. C’è il problema della «sostenibilità» del fenomeno e la necessità di stabilire rapporti politici, che prevedano il coinvolgimento dell’Unione Europea per bloccare l’immigrazione forzata. Ma questo sarà possibile solo se si saprà investire nei Paesi da cui fuggono tante giovani vite, con iniziative e risorse finanziarie mirate alla promozione dell’economia e dell’occupazione. Spetta agli Stati, coinvolti dal fenomeno, il diritto-dovere di regolare i flussi migratori e di difendere le proprie frontiere, assicurando il rispetto della dignità umana dei migranti e garantendo al contempo i diritti di chi li accoglie. Ma sta all’intera comunità degli stati europei non lasciare soli i singoli Paesi a fronteggiare quest’emergenza.
Senza scordare che l’accoglienza, spesso, si rivela un bene anche per chi la fa. Durante la Settimana Sociale di Reggio Calabria l’Italia è stata descritta come un Paese «immobile, impaurito, chiuso in se stesso», per il quale l’inserimento di nuove forze lavoro straniere, può rappresentare un forte stimolo.
Ma anche per le comunità cristiane questa situazione può essere un’occasione: l’occasione di aprirsi alle nuove emergenze, arricchendo l’accoglienza di umanità e solidarietà, le uniche capaci di garantire una vera integrazione degli immigrati nella vita del territorio.