Quando lo sbarco diventa normalità

Viaggio della Migrantes a Lampedusa: “Raccontare la Speranza”

Lampedusa – Avvertiamo il rumore degli elicotteri sin da mattina presto. Intuiamo subito che potrà essere la giornata di un nuovo sbarco. La conferma ci arriva non appena scendiamo nella hall dell’albergo, dove il sig. Franco (il proprietario ndr) ci accoglie con la fatidica frase: “Questa mattina hanno avvistato un barcone, a breve dovrebbe arrivare in porto, sembra siano 300”. Le notizie girano in fretta nella piccola Lampedusa dove gli sbarchi sono diventati la routine, la normalità. E basta poco per capire anche questo.
Ci dirigiamo verso il porto carichi di emozione, all’orizzonte non si vede ancora nulla. Decidiamo allora di mangiare prima un boccone e la nostra scelta ricade su un ristorante che nel giro di qualche minuto si trasforma nella “base operativa” delle forze dell’ordine che si danno il cambio turno. Da loro abbiamo l’ulteriore conferma di quello che accadrà a breve. Una cosa però ci colpisce più di tutte, la naturalezza con cui ormai a Lampedusa viene vissuto l’arrivo degli immigrati. Passata l’emergenza, quella vera, lo sbarco di 300 uomini (tra di loro anche donne e bambini) non è che la normalità. Ma non per noi, noi che mentre mangiamo già velocemente il nostro pranzo, pensiamo a come organizzarci, a come raccontare tutto ciò che i nostri occhi vedranno.
Prima di spostarci nella zona della stazione marittima dove sono già pronti mezzi della Croce Rossa, volontari, Guardia Costiera, Carabinieri, Polizia e dove sono stati parcheggiati i due pullman che si occuperanno di trasportare gli immigrati al centro d’accoglienza, decidiamo di osservare dall’alto l’arrivo del barcone. In realtà non lo vedremo avvicinarsi. Il perché ce lo spiega bene un esperto pescatore del posto, Francesco, diventato ormai anche un profondo conoscitore delle dinamiche degli sbarchi: “Se arrivano dalla Libia seguiranno sicuramente quella rotta” ci dice con il dito puntato verso sud-est e dopo poco le sue previsioni trovano confermano nei nostri occhi. Tre motovedette, in fila indiana, viaggiano alla volta del porto di Lampedusa. La foschia e il mare mosso non ci permettono di avere subito una visione chiara dell’orizzonte, ma le dritte di Francesco ci aiutano ed effettivamente nessun barcone sta per entrare in porto, perché il trasbordo è già avvenuto a largo.
Le imbarcazioni varcano la “Porta d’Europa”. Sotto di noi tutto è pronto, nel piazzale ognuno ha raggiunto la propria postazione, in prima fila non mancano ovviamente i giornalisti. Tra i suoni, le voci e il rumore del mare che si infrange sulla banchina, si distinguono chiaramente i segnali delle ricetrasmittenti degli uomini della Capitaneria di Porto: quelli a terra comunicano con i colleghi a bordo delle tre SAR (Search And Rescue)  che hanno tratto in salvo gli immigrati, in navigazione da diversi giorni.
Non manca però la sorpresa finale: la prima delle motovedette ad appena un passo dal molo torna indietro, a seguire tutte le altre. Cambio di programma, lo sbarco avverrà nell’altro punto di attracco. Mettiamo in moto e raggiungiamo anche noi il nuovo molo per incrociare gli sguardi
di chi ha vissuto e visto la morte con gli occhi ma attraverso la “Porta d’Europa” ha ritrovato la vita. (Elena De Pasquale – Ufficio Migrantes Messina)