La parrocchia di San Gerlando, lo specchio di Lampedusa

Viaggio della Migrantes a Lampedusa: “Raccontare la speranza”

Lampedusa – Casa della fraternità, catechismo, carismatici basta lanciare uno sguardo dentro l’agenda del parroco don Stefano Nastasi per capire che la parrocchia è il cuore di un mondo in cui la quotidianità dei fedeli si integra con le aspirazioni dei migranti e le aspettative dei volontari, delle forze dell’ordine, degli operatori umanitari che affollano l’isola.

 
Quanti sono al momento è difficile dirlo, ma gli alberghi sono pieni, anche se il regime di convenzione non consente ai gestori di praticare prezzi di mercato. Sono pieni anche molti bar e diversi ristoranti: l’economia gira nonostante tutto, ma gira ancora di più la paura che l’emergenza si riproponga a ridosso dell’estate e allora gli arrivi dei migranti, dalla Libia o dalla Tunisia, finirebbero per coincidere con le disdette di tanti turisti.
Don Stefano deve fare i conti anche con questi problemi e con gli umori che determinano nei suoi parrocchiani. La loro generosità istintiva deve essere commisurata alle esigenze del vivere quotidiano, che è fatto anche di abitudini e necessità. E lui a mediare, mettere pezze, indicare prospettive e dare consigli. Non pare proprio il Nanni Moretti de “La Messa è finita”. Non è l’eclisse dell’umanità che assedia il suo ministero, al contrario è l’eccesso di umanità, che chiede e alla quale bisogna dare risposte immediate, per evitare che si disperda nei mille rivoli della rabbia, della frustrazione, del nervosismo. Tutti sentimenti che non aiuterebbero ad affrontare l’emergenza prossima ventura e rischierebbero di disperdere un patrimonio di esperienze che, invece, è da condividere. La Messa, per padre Stefano è h 24. Anche se nella sacrestia, fino a pochi giorni fa, si facevano sessanta docce al giorno; anche se sul sagrato della chiesa parrocchiale, dedicata al San Gerlando, hanno dormito persone che pregavano in una maniera diversa l’unico Dio. E poi i bambini, tanti, seguiti dalle catechiste e dalle insegnanti; su tutti loro si allunga lo sguardo di padre Stefano. E questo non stupisce. Stupisce, semmai, lanciare lo sguardo verso l’orizzonte e non vedere alcun barcone. Dal legno di uno di loro è stata ricavata una croce che don Stefano tiene nel suo ufficio, un segno che ci riporta al tempo liturgico che stiamo celebrando e che chiama i cristiani a fissare lo sguardo su quella Croce che ha redento tutta l’umanità. (N. Arena – Migrantes Messina)