Dov’è l’isola?

Di fronte alle “Via Crucis” di questi giorni. Una nota del direttore dell’agenzia SIR Paolo Bustaffa

Roma – Torna in queste settimane, guardando al Mediterraneo, alle sue sponde e alla terra d’Europa, l’immagine del crocifisso posto nella sagrestia del duomo vecchio di Molfetta accompagnato dalla scritta: “Collocazione provvisoria”.

 
Da questo accostamento don Tonino Bello aveva tratto spunto per una riflessione sulla collocazione, non provvisoria, del crocifisso nella vita e nel pensiero dei cristiani.
In quella immagine, pensando alla Settimana Santa e alla Pasqua imminenti, si riassumono i volti dei morti in mare, degli sbarcati a Lampedusa, brutalmente definiti “clandestini”, delle molte vittime di una guerra insensata, come sono tutte le guerre.
E oggi c’è anche il volto di Vittorio Arrigoni assassinato da terroristi islamici a Gaza City, dove da tempo era impegnato perché il sogno di “un’unica famiglia umana” potesse realizzarsi.
Il crocifisso, al cui significato perfino la sentenza di una Corte ha richiamato recentemente l’Europa, pone sempre domande e sempre indica percorsi controcorrente e ad alta quota per cercare e incontrare risposte non effimere e non periferiche.
Interroga, con disarmante serenità, la coscienza di chi crede e di chi non crede.
Il silenzio del crocifisso non è mai stato assenza di parole. Non c’è assenza di parole nel silenzio dei morti nel Mediterraneo e di quanti senza più forza si sono accatastati a Lampedusa.
Ed è di fronte alla testimonianza di una comunità, posta come lampada su un pugno di terra circondato dall’acqua, che ci si chiede se le isole non siano più nelle coscienze che nei mari.
Lampedusa ha allargato le braccia anticipando l’abbraccio di altre comunità cristiane della penisola.
È stata e rimane una voce che si è alzata per dire che il diritto è certamente indispensabile per la convivenza pacifica ma da solo non può reggere all’urto della tragedia, della disperazione, della sofferenza e della morte.
“La legalità – scrive padre Leonardo Sapienza in una piccola raccolta di pensieri di don Primo Mazzolari in vista della Pasqua 2011 (Tipografia Vaticana) – conta più della fraternità e perfino dell’umanità. La ‘logica dell’accampamento’ continua ad affermarsi spietatamente anche oggi.Ciascuno di noi difende la propria casa e continua a tenere fuori della porta ancora tanti, troppi”. Parole forti, anzi parole folli: parole del Vangelo.
Come coniugarle con le parole della politica che, sul fenomeno migrazioni, fatica a dare una risposta di grande visione e non limitata all’emergenza?
Come coniugarle con le parole e le immagini di antichi e nuovi media che si soffermano sul colore del vestito di una donna annegata nel Mediterraneo?
Se professionalmente questo si spiega, occorre andare oltre per far sì che, dopo l’emozione di un istante, con il video non si spenga anche il pensiero.
Non basta puntare il dito contro, a volte l’accusa si trasforma in alibi per sfuggire all’impegno.
Occorre piuttosto abitare gli spazi del moderno comunicare con la consapevolezza di una nuova cittadinanza da costruire.
Il primo passo da compiere, anche nell’era digitale, riguarda dunque la formazione della coscienza.
La “velocità” delle parole e delle immagini si pone, ancora una volta, di fronte alla “lentezza” dell’educazione. Nello scontro e nell’indifferenza perderebbero entrambe, mentre in un progetto condiviso entrambe vincerebbero una partita importante a favore della verità e del bene comune.
Ecco il passo da compiere perché, sempre più connessi in rete, non scopriamo di essere delle isole di fronte a una “Via Crucis” che uomini e donne, bambini e anziani stanno percorrendo a poca distanza dalle nostre città. (P. Bustaffa – SIR )