Click day e ripartizione delle quote di lavoro extracomunitario: nel NordEst neppure una domanda su dieci verrà soddisfatta

Sono in tutto 55mila le domande di ingresso richieste dei click day, ma le quote ripartite al momento arrivano a 4.692, secondo i dati della Fondazione Moressa

Roma – 4.692 i lavoratori extracomunitari non stagionali in ingresso a fronte di 55.897 richieste. Questo significa che nel NordEst nove domande su dieci saranno inevase e che quindi appena una verrà soddisfatta. Meglio in Trentino Alto Adige dove su dieci richieste, due verranno accolte.

 
A partire dagli ultimi dati messi a disposizione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dal Ministero dell’Interno, la Fondazione Leone Moressa ha fatto il punto sul decreto flussi emanato a fine 2010, mettendo in correlazione a livello territoriale le domande presentate in occasione dei tre click day e le quote successivamente attribuite fino ad ora.
Delle tre regioni considerate, il Veneto è la regione italiana nella quale si concentra il maggior numero di domande presentate (47.386) e alla quale è stata attribuita la quota più alta di lavoratori extracomunitari (3.681): ma appena il 7,8% delle richieste verrà soddisfatto. Anche nel Friuli Venezia Giulia la percentuale di domane evase è bassa: 9,2%, mentre per il Trentino Alto Adige si tratta di soddisfare due domande su dieci (21,8%).
Verona è la provincia del NordEst alla quale è stato attribuito il maggior numero di quote a livello ministeriale con 1.025 ingressi, seguito da Padova (656), Vicenza (588) e Venezia (567). Se si mettono a confronto le quote distribuite con le domande presentate, ai primi posti si trova la provincia di Trento (con il 26,2%), di Trieste (12,4%) e di Udine (11,2%). Dal lato opposto Bolzano, Gorizia e Vicenza non raggiungono il 6%.
Non tutti gli ingressi previsti dal decreto flussi sono stati al momento ripartiti. Una parte infatti è rimasta a disposizione del Ministero per essere assegnate successivamente, in base alle specifiche richieste che perverranno dai territori stessi. Per il momento il 62,7% delle quote ripartite nel NordEst è destinato all’ingresso di lavoratori extracomunitari non stagionali di nazionalità privilegiate, cioè provenienti da Paesi che hanno sottoscritto specifici accordi di cooperazione in materia migratoria (come ad esempio, per citare i più importanti, Egitto, Moldavia, Marocco, Albania e Tunisia). Il 15,3% delle quote è stato invece destinato ai soggetti provenienti da altri Paesi extracomunitari per il solo settore del lavoro domestico e di assistenza e cura alla persona. Il rimanente 22,0% è stato assegnato per conversione di permessi di soggiorno per studio / tirocinio / formazione e di lavoro stagionale in lavoro subordinato.
In Veneto è più elevata la quota destinata all’ingresso di stranieri provenienti dalle nazionalità privilegiate rispetto a quanto avviene per il Friuli Venezia Giulia (dove il 32,6% è destinato al lavoro domestico per le altre nazionalità) o per il Trentino Alto Adige (dove il 47,1% dei permessi è per conversione).
Vicenza, Bolzano e Verona sono le province in cui è più elevata la quota destinata all’ingresso per lavoro di cittadini delle nazionalità privilegiate (rispettivamente 80,8%, 76,9% e 75,2%). Trieste si distingue per la maggior quota per lavoro domestico (49,0%) e Trento per le domande di conversione (47,9%).
“L’ingresso regolare di extracomunitari a seguito del decreto flussi – affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa – alimenta il dibattito sulla questione migratoria in Italia, proprio in un periodo in cui l’interesse pubblico è rivolto alla crisi del Maghreb e in cui la ripresa economica stenta a decollare. La crisi ha dimostrato come gli stranieri siano stati l’anello debole del mercato del lavoro, ma il fabbisogno di manodopera straniera non si arresterà. Il decreto flussi del 2010, che nel NordEst soddisfa appena una domanda di ingresso su dieci, mette in evidenza un gap tra le domande presentate per lavoro non stagionale e le quote ripartite nel territorio. Gli ultimi avvenimenti fanno riflettere sulla necessità di un cambiamento nelle politiche migratorie: da una maggiore flessibilità delle quote ad un miglioramento nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, passando per un aumento del tempo per la ricerca di nuova occupazione dopo la crisi”.